È ora di spalancare le finestre dell’anima

Dev’essere stato surreale il silenzio che, quel primo Sabato Santo, circondava gli spazi immediatamente circostanti la tomba messa a disposizione da Giuseppe di Arimatea per seppellire il corpo di Gesù. Un silenzio unico perché raccoglieva in sé tante altre forme di silenzio. Silenziosa infatti è la solitudine di un anziano che rientra nella sua casa vuota; silenzioso è il dolore di un malato nel suo letto di ospedale, o la delusione di un bambino, o le lacrime di un amante tradito. Silenzioso è Dio che tace, anche di fronte al grido stravolto dell’uomo ferito.

Il silenzio del Sabato Santo, e qualsiasi altra forma di silenzio, è come un paio di mani vuote, chiuse ad attendere; è come lo sguardo lucido di una madre che per la prima volta vede il suo bambino.

È un intervallo, una pausa, come quella posta tra le note per far risuonare l’armonia. È come lo spazio vuoto tra una parola e l’altra: serve a dare un senso alla scrittura e a trasmettere, così, un messaggio altrimenti incomprensibile. … (testo completo)

Il Sole 24 Ore – Editoriali e commenti – 31 marzo 2018, pag. 6

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