Una strada per la grandezza

abitare le parole / umiltà

A rendere difficile la comprensione e l’accoglienza dell’umiltà tra gli atteggiamenti che permettono, ancora oggi, all’uomo di realizzarsi in pienezza sono due modi errati di abitarla. Il primo è quello del rinunciatario; di chi confonde cioè l’umiltà con la rinunzia a riconoscere ed accettare la verità di sé e degli altri per timore di doversi spendere per essa e di dover scegliere a partire da essa .
Il rinunciatario è la caricatura dell’uomo umile. C’è, poi, il modo di pensare e di agire dell’arrogante, che poggia le sue parole e i suoi gesti sulla convinzione di bastare a se stesso. Il termine umiltà deriva da humus, che significa «suolo, terra». L’umiltà collega l’uomo alla terra, come alla sua origine. Nei miti sumeri e babilonesi il primo uomo viene creato
con materiale preso dal suolo. Lo stesso si legge nel libro della Genesi: l’uomo viene creato da Dio e plasmato dalla polvere della terra, animata dal suo «alito di vita» (Gen 2,7); un modo per affermare, da un lato, la caducità e la debolezza dell’uomo e, dall’altro, per riconoscerne la grandezza.
È capace di umiltà solo chi è consapevole della sua origine, fatta di fragilità e di grandezza; solo chi è consapevole di non essere artefice assoluto né padrone indiscusso di sé e del mondo. Solo chi non è affetto dalla «sindrome del Padreterno» vive nell’umiltà e lascia che l’umiltà segni le sue relazioni.
Francesco d’Assisi voleva essere minor, vale a dire «piccolo», «umile» per poter essere «vicino» agli altri, «fratello» di coloro con cui si vive. Per Francesco «l’ideale non è cercare di essere sufficienti a se stessi, ma di condividere quanto si riceve e di accettare di aver bisogno degli altri fin nei piccoli particolari della vita quotidiana» (A. Vauchez, Francesco d’Assisi, Einaudi, Torino 2010, pag. 118). Per Simone Weil l’umiltà è una qualità dell’attenzione ed è la virtù più necessaria per conoscere la verità.
Purtroppo oggi l’umiltà è stata bandita su input di Nietzsche perché si vede in essa un impedimento alla piena realizzazione di sé. Al posto dell’umiltà si afferma sempre più la hybris, ben nota nel mondo greco; si afferma cioè la tracotanza, accompagnata appunto dalla presunzione di chi ritiene che essere umile significhi darsi per sconfitti in partenza e quindi condannati a rinunziare alle proprie ambizioni e potenzialità. Ma, per gli stessi Greci, la superbia era all’origine del disordine, della perdita dell’armonia e della mancanza di bellezza. Un pensiero che, per altri versi, non smette di trasmetterci Papa Francesco, per il quale la vera grandezza dell’uomo sta nella sua umiltà, nel farsi «piccolo». Senza l’umiltà l’amore resta bloccato. Con l’umiltà, invece, si apre la strada dell’amore vero, che incontra l’altro senza pregiudizi e senza presunzione e, nello stesso tempo, libera le energie necessarie per condividere il bene e per costruire un mondo più vivibile.

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