Retorica

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Quanta cattiva considerazione si è consumata intorno alla parola retorica, anzi Retorica! E se vi ci accostassimo come farebbe un classicista competente, per il quale la Retorica non ha niente a che vedere con la manipolazione dell’altro e delle sue parole?
La Retorica era, nell’antica Grecia, la disciplina che insegnava a parlare con la chiave giusta. Aristofane, nella Lisistrata, ama chiamarla Signora Persuasione, rappresentata nei manoscritti medievali come una bella donna, ornata con ricche vesti. Il retore gareggiava con il filosofo tout court perché parlava di tutto, ma nella maniera più democratica possibile, favorendo un onesto confronto tra varie posizioni. Insomma, il retore era un bravo e attento maestro, desideroso di mettere in comune quello che certa filosofia voleva chiudere con sette sigilli.
Straordinario è, a questo proposito, l’esempio di Eraclide di Licia, maestro della seconda sofistica. Questi acquistò un campetto con i soldi delle sue lezioni e lo chiamò «Retorica». I ragazzi andavano lì e mettevano in comune le loro idee, le loro attese e i loro progetti; si parlavano senza manipolare le frasi, senza amplificarle e senza sopraffazioni.
In quel campetto non si esercitava il potere dell’uno sull’altro. Non si condannava. Era pienamente condiviso il fastidio che Plutarco nutriva per il contegno denigratorio che caratterizzava gran parte della comunicazione, al suo tempo. «Non c’è cosa al mondo più facile che criticare il prossimo; ma è atteggiamento inutile e vano se non ci porta a correggere o prevenire analoghi errori. Di fronte a chi sbaglia non dobbiamo esitare a ripetere in continuazione il detto di Platone: “Sono forse anche io così?”. Come negli occhi di chi ci sta vicino vediamo riflessi i nostri, così dobbiamo ravvisare i nostri discorsi in quelli degli altri, per evitare di disprezzarli con eccessiva durezza e per essere noi stessi più sorvegliati quando arriva il nostro turno di parlare» (Vite parallele).
Quanta lucidità, analoga alle parole pronunziate da Gesù nel processo improvvisato da scribi e farisei contro la donna adultera! Cercano appoggio alla loro voglia ipocrita di giustizialismo… E Gesù invece li invita a distogliere lo sguardo dalla donna per rivolgerlo alle altre forme di adulterio da loro stessi consumate: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7). Così Gesù restituisce al pezzo di terra, che accoglie l’adultera e i suoi accusatori, la funzione che aveva il campo acquistato da Eraclide. Luogo per interrompere il tragico gioco di accusa e condanna, per farne spazio destinato a rileggere con lealtà la propria storia.

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