Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Processo – Processo deriva dal latino “processus”, participio del verbo procēdere, che letteralmente vuol dire “camminare in avanti” o “derivare”. Vicina al greco πρόοδος, la parola processo col tempo ha assunto sempre di più il significato di modo di agire progressivo di un singolo o di una organizzazione che, in ambiti diversi e attraverso la propria cura, genera valore o raggiunge uno scopo. Si parla così, ad esempio, di processo fisico per indicare lo sviluppo e la crescita fisica graduale di una persona; il processo canonico o giudiziario fa riferimento invece all’applicazione del diritto a eventi e comportamenti per orientare un giudizio su di essi; processo logico è il modo di pensare col quale si spiega o si dimostra qualcosa attraverso l’applicazione di regole concettuali; di processo storico si parla in riferimento all’insieme di eventi e scelte che spingono in avanti la vita di un popolo. A proposito di quest’ultimo, si incontrano parole illuminanti di papa Francesco che nella Evangelii gaudium scrive: “L’autore principale, il soggetto storico di questo processo, è la gente e la sua cultura, non una classe, una frazione, un gruppo, un’élite. Non abbiamo bisogno di un progetto di pochi indirizzato a pochi, o di una minoranza illuminata o testimoniale che si appropri di un sentimento collettivo.” (n. 239).
Oltre a caratterizzarsi per il suo intrinseco dinamismo, qualsiasi processo richiede un preciso modo di intendere la realtà e di sentirsi in essa collocati. Si dà processo infatti solo per realtà o idee aperte al progresso e al cambiamento, con il coinvolgimento di persone disponibili a lasciarsi interrogare dagli eventi. Ma questo è possibile solo quando, a far “camminare in avanti” un progetto o un’idea, vi sono persone dotate di umiltà e di senso del proprio limite. Gli arroganti e i cinici non amano i processi che portano al progresso autentico. Troppo centrati su se stessi e sui propri obiettivi, credono solo nella cultura organizzativa positivistica, che tende a gestire i processi in modo meccanico e strumentale. Il processo autentico richiede invece partecipazione convinta, senza la pretesa che i frutti maturino come conseguenza immediata della propria partecipazione e del proprio impegno. Anzi, quanto più grande è l’idea o più impegnativo è il progetto nel quale ci si sente coinvolti, tanto più il distacco dall’esito di essi deve essere evidente. Quindi, oltre a umiltà e senso del limite, il processo che riguarda grandi progetti e grandi idee richiede pazienza, nel senso letterale del termine. Mai, come nel caso di processi personali o storici, è vero quello che ha detto Gandhi: “Perdere la pazienza significa perdere la battaglia” (M. Gandhi). O come ha lasciato scritto Confucio: “La pazienza è potere: con il tempo e la pazienza, ogni foglia di gelso diventa seta”.
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