Post-umano, troppo post-umano

L’ approccio contemporaneo al tema del corpo pone più interrogativi di quanti, per esempio, non se ne ponessero nel mondo greco, dove il confine fra corpo e corporeità era per lo più segnato dalle sfumature della parola soma. In particolare, i pitagorici hanno costruito un’ approfondita antropologia sui rapporti dell’ anima con il corpo, che poi ha avuto risvolti e approfondimenti nella filosofia greca.
Oggi il confine fra il corpo e la corporeità si è spostato più in là toccando il post-umano, che inevitabilmente apre interessanti piste di ricerca per la bioetica.
Dopo aver stabilito il legame inevitabile fra il corpo e l’ identità personale, si può comprendere come mai il corpo venga sottoposto a interventi che lo modificano sia in maniera superficiale sia in maniera profonda: tatuaggi, piercing, fino all’ ingegneria genetica. Il corpo finisce così per non essere l’ espressione di una condizione immutabile, ma l’ interfaccia di una comunicazione con gli altri esseri umani e con l’ ambiente socioculturale, in una condizione continuamente in via di definizione. Questo scenario mutevole di corpo e corporeità, per certi versi positivo, quando incontra l’ orizzonte culturale del post-umano va incontro a qualche rischio, a volte grave.
Lo scenario del cyber-corpo (la relazione che intercorre fra l’ uomo e la macchina) rischia di far perdere il confine fra l’ artefice e il prodotto, perché il cyborg, fusione fra macchina e il corpo organico, oggi più che mai, apre a tanti scenari possibili. È dinanzi a questi scenari che si giocherà una nuova partita con la bioetica e con l’ identità personale dove la corporeità non prevede più l’ armonia con il cosmo, kosmos, ma l’ armonia è ricercata o interrotta nel rapporto con le macchine.
La teologia cristiana del corpo, che ha superato ogni deriva dualistica e che si è sviluppata nella fedeltà al dato biblico, contiene in sé tutti gli elementi per sostenere una svolta, anche radicale rispetto alla deriva che si è consumata e che, stando alla lucida analisi di M. Horkheimer e Th. Adorno, continua a consumarsi. Una svolta che dal “sentire” il corpo, come oggetto rifiutato o sfruttato, porti a “sentirsi” corpo. La nostra realizzazione armonica non dipende, in primo luogo, dal fare (o disfare) un corpo inteso come semplice oggetto, ma nel farsi corpo, abitando il mondo come con-tatto, come appartenenza, come dono. Farsi corpo!
La fede cristiana non consiste nel credere in Dio come oggetto pensabile, ma nel seguire il “metodo” del Dio incarnato, ossia nel “farsi” corpo.

Book your tickets