Novità

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Timore, irrequietezza e attesa che può diventare espansione della vita. Sono questi i sentimenti che normalmente fanno da sfondo emotivo all’irrompere nella storia, individuale o collettiva, di qualcosa che viene percepito, vissuto o conosciuto per la prima volta. Novità è tutto ciò che, in maniera insolita e imprevista, attira la nostra attenzione e, proprio per questo, sollecita una nostra risposta. Il più delle volte, la novità presenta i caratteri di un fuori programma, che disturba equilibri più o meno faticosamente raggiunti, mettendo in crisi anche scelte ritenute, fino a quel momento, ragionevoli.
Sono tante le modalità di reazione all’esperienza pressoché generalizzata dell’irrompere della novità. All’atteggiamento di chi ama vivere stabilmente al riparo dal nuovo e dall’imprevisto, considerati di per sé minacciosi, si oppone l’atteggiamento di quanti, vivendo in perenne conflitto con la propria storia, coltivano un’apertura indiscriminata alle novità. Sono gli insoddisfatti perenni. Quelli che sono in cerca di novità senza sosta e in maniera compulsiva, tanto che, pur trovandole, non riescono a fermarsi per conoscerle fino in fondo, ad assaporarle e a decidere se farsele appartenere o girarvi alla larga. Questi sono eccessi. Forme quasi patologiche, che però non esauriscono i modi di vivere il diffuso desiderio di novità. Come quello che alimenta il gusto per una nuova conoscenza, oppure come il desiderio di novità mosso dallo stupore per un’emozione provata per la prima volta di fronte a qualcosa o a qualcuno di inedito.
Per essere tale, la novità non deve necessariamente coincidere con ciò che è originale o moderno. Nuovo è ciò che sorprende e, proprio per questo, mette in moto il desiderio di coglierne i frutti. A sorprendere può essere qualcosa di già sperimentato, qualcuno già incrociato nella propria vita, un libro già letto, una parola già ascoltata. Per cui, a farci uomini e donne nuovi non sono le novità come tali, bensì il volgersi ad esse per cogliere con realismo i germi di cui sono portatrici e che possono attecchire nel terreno della nostra vita, senza precludersi nulla.
In pratica, si impara a coltivare il desiderio di novità vivendo con distaccata consapevolezza l’enfasi che, in alcuni contesti, tende a presentare tutto come «sorprendente», «fantastico», «pazzesco», «stupefacente», e che lascia, di fatto, in disparte le novità che hanno la forza di trasformarci davvero.
Ne era consapevole don Primo Mazzolari quando ammoniva: “È saputo che il nuovo non ha mai il rumore della gloria, perché le forze della ricostruzione sono molto lente. L’umanità nuova si farà quando ognuno di noi, nel momento di consapevolezza, prenderà in mano la propria coscienza, si farà uno specchio per poter mettersi in ginocchio per un Confiteor che ci deve rinnovare davanti al mondo e a Cristo”. Un gesto – quello invocato dal prete della Bassa mantovana – che, nella sua intensità, ha permesso a tanti uomini e donne di accogliere la novità che porta con sé il vento fecondo della vita.

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