Monsignor Galantino: sul “Sole 24 Ore”, sui social è “l’uomo a definire confini tra comunicazione eticamente efficace, inefficace, dannosa”

Umberto Eco affermava che “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”; come si fa a dargli torto “leggendo idiozie che, ‘postate’, diventano capofila di vere e proprie fiere dell’ovvietà se non della cattiveria gratuita e volgare?”. A porre l’interrogativo è oggi su “il Sole 24 Ore”, nella rubrica “Testimonianze dai confini”, monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei.
Nel pezzo, intitolato “Abitiamo in modo più consapevole le ‘piazze virtuali’”, Galantino fa notare che le pagine dei social “non sono soltanto vetrine privilegiate per mostrarsi, per condividere pensieri e ideali e per promuovere mode e linguaggi. Esse hanno anche una valenza formativa. Tutto questo non può soltanto preoccuparci, deve anche vederci criticamente impegnati a valorizzarne le potenzialità”. Soffermandosi sulla loro “aggressività” e a volte “violenza verbale”, il segretario Cei tuttavia riconosce che i social “non sono solo questo”. Non è difficile “imbattersi in pagine intense e davvero interessanti”; ma la “piazza virtuale” domanda “comunque il possesso di anticorpi”. Potrebbe essere la scuola ad occuparsi di “alfabetizzazione digitale”, come affermato nel volume “Non è mai troppo tardi. Abc della scuola buona che comunica” (ed. Magi) a breve in libreria.
Di qui il pensiero alla recente esortazione di Papa Francesco alle claustrali a “un prudente discernimento [dei social]” affinché “siano al servizio della formazione alla vita contemplativa” e “non occasione di dissipazione o di evasione dalla vita fraterna in comunità”. “Contemplazione” e “vita fraterna di comunità” che, annota Galantino, interessano anche ognuno di noi, se per “contemplazione” intendiamo “laicamente l’esperienza del metterci in ascolto e del lasciarci raggiungere da parole ‘altre’”; e per “vita fraterna di comunità” la “necessità che tutti abbiamo di vivere relazioni vere”, e “possono essere sostenute e sviluppate dai social, ma possono trovare in essi anche ostacoli insormontabili”. È l’uomo, chiarisce il segretario Cei, che, al di là di leggi, regole, discipline e divieti, definisce “i confini tra una comunicazione eticamente efficace e una comunicazione che, oltre a essere inefficace”, è anche “dannosa”. Come quando serve a “infangare”, calunniare, “ridicolizzare e delegittimare”.

Fonte: www.agensir.it – 20 agosto 2016

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