Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
«Stillate, cieli, dall’alto, le nubi facciano piovere il Giusto; si apra la terra e germogli il Salvatore» (Is 45,8). Così si conclude quello che la Chiesa cattolica chiama Avvento. Si squarciano i cieli e la terra si apre; l’attesa è finita, una pioggia di luce e un fiorire di vita inonderanno la terra, assicura il profeta Isaia.
Ma la notte ci accompagna ancora, oggi: notte di guerre e di incomprensioni; notti di dubbi, di fragilità, di dolori. E aspettiamo anche noi una cometa, qualcuno o qualcosa che ci indichi il cammino, che ci dica che la strada su cui stiamo è proprio quella giusta, che non abbiamo sbagliato e non ci troviamo in un vicolo cieco. Ci sforziamo di trovare una stella, che lentamente ci porti verso la luce, che finalmente ci faccia scavalcare la notte, ci accompagni, semplicemente, tenendoci per mano. Cerchiamo una stella. Sì, la desideriamo. Il racconto della nascita di Gesù non narra di uno sfolgorio di luce: apparirà a sprazzi nella buia notte e solo per qualche istante. Nella grotta non ci deve essere stata molta luce, a parte forse quella di una lanterna di Giuseppe, accanto alla mangiatoia. Nel campo dei pastori, tra belati e ruminare, la luce arriva solo un momento, grazie all’arrivo di un angelo. La luce è con il brivido di un annuncio: «Andate e troverete…». Poi torna il buio e lo sgomento.
Dove andare? Come riconoscere quel bambino?
Oggi come allora, proprio come quella notte, è tempo di lanterne, di luci fievoli, di penombre, di sforzo di occhi, di un aguzzare la vista senza sapere bene cosa cercare.
«Andate»: è tempo di mettersi in cammino senza certezze, affidandosi a un annuncio, a una speranza: «…è nato per voi un Salvatore». E senza lanterne, senza questa penombra, noi come i pastori non arriveremmo alla grotta.
Dio viene così, viene quando nel cuore resta sveglio un desiderio di cercare e trovare, anche a tentoni, anche non sapendo la strada, forse inciampando in qualche ramo secco, forse cadendo per una buca difficile da scorgere. Ma Dio viene, ed è annuncio di gioia.
Fanno strada, ci danno indicazioni i personaggi del racconto del primo Natale, ci dicono che la luce va cercata e seguita e che la notte fa meno male quando non si è soli, perché tutti abbiamo bisogno di un braccio a cui appoggiarci, di una mano nella quale mettere la nostra.
E ancora i pastori, Giuseppe e Maria, i Magi ci mostrano che siamo avvolti dal mistero, al quale possiamo solo inchinarci, riconoscendo di non poterlo capire, di non saperlo spiegare.
«Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9). Così si squarciano i cieli, nell’incredibile abbraccio tra Dio e l’umanità. Così piove la luce.