La nuova via contro gli egoismi e i tradimenti

Raramente una preghiera ha provocato in me tante e diversificate reazioni. Sto parlando della preghiera (“O Croce di Cristo”) con la quale papa Francesco ha chiuso la Via Crucis dell’ ultimo Venerdì Santo.
Una preghiera, che a tratti mi è parsa una denuncia senza scampo, poi quasi una poesia, sempre una invocazione. Sì, perché la preghiera non è mai solo denunzia, poesia o invocazione. Ero a Radio Uno a commentare la Via Crucis e ho sentito in maniera forte quest’ esperienza cristiana vissuta attraverso l’ amplificazione dei media.
quando poi, nel silenzio, ho riletto questa preghiera, ho avvertito tutta l’ emozione e lo smarrimento di parole tanto grandi e tanto efficacemente descrittive. Pezzi di società malata e vittime di questa: corrotti, scartati dalla società, coloro che spogliano gli innocenti persino della loro dignità, venditori di armi, fondamentalisti, terroristi, coloro che rovinano il futuro delle nuove generazioni, bambini denutriti; ma anche luoghi come il Mediterraneo e l’ Egeo, divenuti un insaziabile cimitero e immagine della nostra coscienza narcotizzata; e poi gli ipocriti e i cuori sempre pronti a condannare e a lavarsi le mani come Pilato.
Dentro la categoria degli ipocriti c’ è buona parte del nostro mondo, non gli antichi attori greci che portavano degnamente questo nome, ma quelli di oggi, quegli uomini con la faccia marmorea pronti a rinnegare e riaffermare a seconda dei propri interessi; e poi i Ponzio Pilato, quelli che non prendono parte, non si schierano, non decidono (un mio giovane parrocchiano, una volta, li chiamò citando una canzone “scrutatori non votanti”). Io ricordo invece Guccini, quando cantava «Io dico addio a chi si nasconde con protervia dietro un dito, a chi non sceglie, non prende parte, non si sbilancia, o sceglie a caso per i tiramenti del momento, curando però sempre di riempirsi la pancia».
La preghiera del Papa ha un incipit che è la firma del Cristianesimo: «O Croce di Cristo, simbolo dell’ amore divino e dell’ ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell’ egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell’ obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria». La Resurrezione sconfigge l’ ingiustizia umana simboleggiata dai mali più dolorosi: l’ egoismo e il tradimento.
Poche righe dopo si parla di qualcosa che uccide al pari delle spade: il silenzio vigliacco. Non dimentica nulla Papa Francesco in quel venerdì di marzo al Colosseo, simbolo di persecuzione della fede!
Avevo il suo testo fra le mani e ho continuato a leggere credendo di trovare solo molta sofferenza, perché per noi credenti il venerdì che precede la Pasqua è un momento di dolore, un momento in cui un uomo giusto viene lasciato solo in un orto di ulivi a chiedere aiuto al padre; prim’ ancora, durante una cena, cerca comprensione fra i suoi amici ma non ne trova, anzi incontra il tradimento e poi sperimenta la solitudine.
Invece Papa Francesco non ha elencato solo il dolore in questa preghiera dedicata alla Croce di Cristo. Con il suo sorriso si è rivolto alle persone buone, alle persone semplici, alle persone fedeli, a quelli che hanno fiducia in Dio e soprattutto ai sognatori che vivono con il cuore dei bambini e che cercano di rendere migliore il nostro il mondo. Avevo queste parole fra le mani e il Venerdì Santo mi è sembrato un’ occasione per riflettere sui nostri tradimenti, le nostre parole giocate sempre al risparmio e non spese per gli altri, la politica che agisce da Ponzio Pilato, i baci dati in maniera ipocrita alle persone che ci vengono incontro nella nostra quotidianità e sui posti di lavoro. E quanta solitudine da Getsemani lasciamo che si sperimenti in nostro nome? Di quanto amore parliamo senza averne mai dato, lasciandolo nei magazzini dei nostri cuori, per un uso che non verrà mai?
Quanto silenzio vigliacco dinanzi ad azioni malavitose? Quanto disinteresse ed egoismo dinanzi agli anziani, prime vittime della società dello scarto? Quanta dignità venduta nel nome del sesso facile nella ricerca delle emozioni di consumo? Quanto disinteresse per i bambini?
Il Vangelo finisce così per essere talvolta una “fiction molto di moda”!
Coloro che vendono per trenta denari ci son sempre stati! E spesso son quelli che ti siedono accanto. Ed è più facile avere il pentimento dei ladroni, accanto in croce, che non l’ umana comprensione di quelli più vicini, giù dalla croce. E che dire della solitudine nell’ ora del bisogno?
La nostra ora nel Getsemani sarà dura come quella di Gesù, un po’ meno dura però se, seguendo l’ invito di Papa Francesco, non ci faremo portare via la speranza e i sogni.
Finita la Via Crucis, sono stato raggiunto dalla notizia di un altro inchino che ha “sporcato” una tradizionale del Venerdì Santo in un paese del Sud.
Che contrasto con quanto avevo vissuto fino a quel momento! Come si può pensare che la limpidezza di Cristo simboleggiata anche dalla statua del Cristo morto possa fermarsi e inchinarsi dinanzi alla casa di un boss?
In questo Sud, come tantissimi altri, non mi riconosco! L’ antropologo Ernesto De Martino, studiando alcune forme di ritualità della Lucania, aveva individuato alcuni riti di apparentamento fra la magia, il cattolicesimo e l’ alta cultura nel Sud. Ad esempio, egli affermò che il “mito” della morte e della risurrezione di Cristo, nel Meridione, non si è sottratto a delle riduzioni sul piano elementare dell’ esemplarità magica.
L’ innalzamento di Gesù sulla Croce si riduce a modello dell’ innalzarsi del mal di testa e la mitica significanza del sangue del Redentore, versato per purificare i peccati, è ricondotto alla funzione di esempio per cancellare l’ itterizia. I segni venivano ricondotti a comportamenti, a cerimoniali, a riparazioni e guarigioni. Nell’ ottica del cerimoniale dell’ ospitalità questa pratica dell’ inchino ai malavitosi si rivela, anche oggi, una forma quasi apotropaica già studiata da De Martino in un’ ottica quasi magica. Nella visione cristiana queste pratiche risultano assurde e fuori luogo, come ebbi già modo di sottolineare nel caso di Paternò e di Oppido Mamertina. Anche se certi gesti vengono consumati durante un rito sacro, non è la Chiesa – e tantomeno la Madonna o il Cristo morto – a inchinarsi dinanzi alla malavita.
Per fortuna, a fronte di fasce di persone ancora soggiogate dalla paura e da una forma di strumentale asservimento, si fa sempre più strada e fa sentire sempre più chiaramente la sua voce una Chiesa del Sud desiderosa di non perdere il grande patrimonio della pietà popolare e capace di partire da essa per continuare a essere presenza capace di osare il nuovo

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