La gioia del volontariato

Abitare le parole / Gratuità – Rubrica de “Il Sole 24ore” – Cultura

Sembra un azzardo, in questo nostro ideale vocabolario antropologico, dedicare attenzione alla “gratuità” e farlo in un contesto come il nostro. Un contesto fortemente segnato da voglia di accaparramento e nel quale un po’tutti si sentono obbligati a lucrare qualcosa da quello che fanno e che dicono. E non va meglio se ci spostiamo in ambito strettamente filosofico dove il termine “gratuità” ha avuto un significato sostanzialmente negativo. Le “affermazioni gratuite” sono quelle che mancano di argomenti cogenti, per cui possono essere messe da parte senza fatica: «Quod gratis adfirmatur – recita un antico detto – gratis negatur». Dalla rassegnazione che potrebbe prenderci dinanzi a questo approccio negativo ci salvano altri filosofi: ad esempio, gli esistenzialisti A. Gide e J.-P. Sartre, che vedono invece nella gratuità una caratteristica fondamentale dell’esistenza, addirittura indispensabile per atti che vogliano essere espressione di scelta libera e responsabile. “Gratuità” è uno di quei termini che riesce meglio definire “per negazione”, affermando cioè qual è il suo contrario. Il contrario della gratuità è l’interesse senza limiti e, con esso, l’indifferenza verso tutto ciò che non produce tornaconto. Ciò vale anche sul piano spirituale: quante preghiere fatte esclusivamente per ottenere o con la prestesa di piegare la volontà di Dio alla nostra! Gratuito è ciò che non si paga e per cui non si riceve un compenso. L’esercizio della gratuità è conosciuto sin dai primi secoli del Cristianesimo. Esistevano infatti i cosiddetti anárgyroi (letteralmente senza denaro): per lo più medici che prestavano la loro opera con assoluto disinteresse, senza mai chiedere retribuzione alcuna, né in denaro, né di altro genere, in applicazione del precetto evangelico: Gratis accepistis, gratis date. Ma ancora oggi, sotto i nostri occhi non passa solo l’interesse sfrenato, l’esaltazione dell’indifferenza e la pratica del rifiuto. C’è tutto un mondo che vive grazie al volontariato, spazio per eccellenza di gratuità e che autorizza a inserire il lemma “gratuità” tra le caratteristiche dell’uomo. Una caratteristica alla quale ci si educa e che costa, non solo perché costringe ad uscire dalla comodità e dalle proprie sicurezze; ma costa soprattutto perché spinge a mettersi continuamente in gioco. È questo forse il prezzo più alto che si paga alla gratuità in quanto esercizio di “uscita da sé”. (testo completo)

 

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