Economia

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Per quanto suggestiva, sembra piuttosto fantasiosa la strada percorsa da chi denunzia l’errore etimologico nel quale sarebbe incorso Rousseau. Questi avrebbe sbagliato nel far derivare la parola economia – come tutti ritengono – dall’unione dei termini greci oikos (casa) e nómos (legge, norma). Col significato di gestione saggia e legittima della casa. L’errore starebbe nell’avere scambiato nómos con nomós (terreno destinato al pascolo), stravolgendo il significato della parola economia. A questa, con esercizi linguistici davvero arditi, invece di attribuire il condiviso significato di governo saggio e legittimo (nòmos) della casa, si riconosce quello di accumulo (di pecore o altro) proporzionato solo allo spazio (pascolo) disponibile per contenerlo.
Pur nella sua evidente «originalità», questa interpretazione del termine economia può essere accolta come una provocazione per ipotizzare un sistema produttivo dei beni che allontani da sé lo stigma di scienza della «massimizzazione degli utili» e della «minimizzazione dei costi».
Nathalie Rodary, presentando il suo ultimo libro (Il nuovo mondo cerca nuovi leader), ha affermato: «Quando cambia il mondo, cambia il vocabolario […]. Solo alcune parole continueranno a essere significative; tra queste, economia. Un termine positivo che rimanda allo scambio, profondamente umano perché fondato sulla relazione. Quando l’essere umano svilupperà la propria consapevolezza in profondità, l’economia diventerà più ricca di significato e gli scambi economici più ricchi per le persone» (La Lettura, 5 maggio 2023, 5).
È vero che di economia si vive, ma di economia si può anche morire. Anzi, l’economia può uccidere, quando sceglie di espellere dal suo vocabolario alcune parole e dalle sue prassi gli atteggiamenti propri di una umanità consapevole e coerente.
«Quante parole – ha scritto papa Francesco nella Evangelii gaudium (n. 203) – sono diventate scomode per questo sistema! Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia. Altre volte accade che queste parole diventino oggetto di una manipolazione opportunista che le disonora. La comoda indifferenza di fronte a queste questioni svuota la nostra vita e le nostre parole di ogni significato».
Qui vi è, insomma, la proposta di un’economia chiamata a rimettere la persona al proprio posto, rispettandone luoghi e relazioni.

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