Distanza

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Distanza. La parola deriva dal verbo latino dis-stare. Il prefisso dis è il risultato della trasformazione subita dal proto-indeuropeo dwi/dwis, che significa sia «in due» sia «separatamente».
Mentre il verbo latino stare ha il significato che mantiene in italiano, è importante sottolineare il campo semantico del prefisso dwi/dwis. In forza dei suoi due significati, il termine distanza può indicare sia lo spazio che tiene lontane due realtà sia lo spazio che può collegarle e metterle in rapporto. Così la parola distanza viene liberata da sfumature esclusivamente negative, tipiche di contesti segnati da ostilità o da eccessivo agonismo.
Oltre alla distanza intesa come spazio misurabile geometricamente, si parla anche di distanza vissuta o esistenziale, di distanza emotivo-affettiva, di distanza sociale e di distanza intima. Quest’ultima, difficile da programmare, ma molto presente nella vita di ognuno di noi. È la distanza che tendiamo a prendere dalle nostre emozioni, quando ci scopriamo avvolti da passioni troppo violente o quando vediamo messa in pericolo la nostra identità.
In nessun caso, comunque, la distanza annulla la relazione. La relazione tollera la distanza, non tollera invece il distacco. Quello che annulla qualsiasi capacità di provare empatia e finisce per trasformare le caratteristiche degli altri in difetti. Nel distacco tutto perde sapore, colore e calore. La distanza invece, quando è «giusta distanza», contribuisce a creare un equilibrio funzionale tra le persone in relazione. Anche se si tratta di un equilibrio sempre difficile da stabilire e da mantenere.
Come sempre difficile da mantenere è il sapiente dosaggio tra prossimità e distanza. Antidoto sicuro contro la sindrome del possesso, che annulla con violenza la distanza che garantisce il libero e creativo rapporto tra persone. La distanza va coltivata attraverso l’esercizio quotidiano dell’attenzione e dell’ascolto di sé e dell’altro. Lasciarsi coinvolgere in questo esercizio vuol dire accogliere comunque una sfida che esige adeguato discernimento tra relazioni da potenziare e quelle da ridimensionare perché prive di senso. Alla ricerca della «giusta distanza», che rispetta e fa rispettare le proprie particolarità, i propri sogni e quelli degli altri.
Riscaldandosi senza pungersi, come voleva Schopenhauer nel «dilemma dei porcospini». Ossia, senza possedersi e senza ridurre gli indispensabili e vitali spazi d’indipendenza reciproci. Gli unici che permettono al mio calore di scaldare momenti di solitudine e di smarrimento altrui. E, al gelo che talvolta mi avvolge, di non paralizzarmi.

Distanza

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