Custodia. Vigilare con amore il bene comune

Rubrica de “Il Sole 24ore” Abitare le parole / Custodia – «Le cose che si amano non si posseggono mai completamente. Semplicemente si custodiscono» (Gaio Valerio Catullo).

Affidandoci alla definizione del vocabolario, custodia è l’azione, l’opera e l’attività necessarie per sorvegliare un luogo, curare e assistere persone, animali, oggetti. Custodire è comunque molto più che sorvegliare. Non è solo presenza fisica a protezione di qualcosa o di qualcuno. Oltre infatti a richiedere uno sguardo attento (sorveglianza), la custodia domanda un atteggiamento cauto che si fa vigilanza, una disponibilità che si fa cura e assistenza, e quel tanto di amore che diventa protezione. La custodia si realizza, dunque, attraverso una presenza che si prende cura e che provvede alle necessità. Andando ben oltre le necessità materiali. Nell’esperienza quotidiana, quella vissuta con generosa intensità, siamo infatti chiamati a custodire ricordi, emozioni, desideri, sogni, incontri, amore e fragilità. Ma anche tutto ciò che contribuisce a fare di noi e degli altri “artigiani” del Bene comune. Quello stesso Bene comune che non può prescindere, come ci ricorda papa Francesco, dalla custodia del creato (Genesi 2, 15). L’ambiente infatti – con tutto ciò e con chiunque lo abiti – è diventato uno degli anelli più deboli dell’umanità.

Ma, lo sappiamo, la custodia non è proprio di moda. È diventato più facile distruggere che custodire. Anche un segreto. Fra amici è più “appagante” esibire (ad esempio una conquista, una vittoria, un successo e, qualche volta, una bravata) piuttosto che tacere e custodire. Ciò avviene anche in ambiti di grande valore sociale e morale. Ad esempio quello della nostra Costituzione. I padri costituenti hanno affidato alla custodia intelligente e creativa del popolo italiano un tesoro di principi, regole e norme che disciplinano il comune agire nel rispetto della democrazia e delle diversità. Più ricco è il tesoro più alto è il livello di custodia richiesto. A cominciare dalla custodia che è chiamata a esercitare l’inquilino del Quirinale. La maestà e la bellezza del luogo in cui egli abita risultano essere ancora più rassicuranti quando la custodia è affidata a persone che lo fanno con competenza e senso di responsabilità. Troppo poco, mi pare, considerare il Presidente della Repubblica come il garante della Costituzione. In fondo essa ha già in sé articoli e meccanismi di auto-garanzia e auto-tutela che solo l’arroganza interessata di qualche improvvisatore può pretendere di stravolgere. Il Presidente della Repubblica è invece il custode della Costituzione. È chiamato infatti a farla vivere con responsabilità per la protezione, il rispetto, la cura e l’amore del Bene comune di tutti.

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