Consapevolezza

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Sono davvero tante le definizioni che cercano di rendere il senso della parola consapevolezza. Ci hanno provato in tanti a farlo: psicologi, psicoanalisti, letterati, poeti, cultori dell’etica, formatori e tanti altri. Non so però quanto possa annoverarsi tra questi lo scrittore Lewis Carroll, autore di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Di sicuro, se toccasse a me definire il senso della parola consapevolezza, non esiterei a lasciarmi guidare da una lettura metaforica del dialogo che Alice intrattiene con sé stessa. Annoiata dei suoi ripetitivi ritmi di vita, Alice segue un coniglio bianco. Nella tana di Bianconiglio, Alice accetta l’invito: “Bevimi”, scritto sull’etichetta di una bottiglia. Il risultato? «Ora mi sto allungando come il cannocchiale più lungo che sia mai esistito! Addio, piedi!», esclama la “piccola saggia Alice”. La testa è lontana dai piedi. Tanto che la protagonista del romanzo di Carroll è costretta a spedire per posta all’«Egr. Ill. Piede destro di Alice» il regalo di Natale: un paio di scarpe nuove.
La testa lontana dai piedi! È l’immagine e la condizione che meglio descrivono la mancanza di consapevolezza. La si può recuperare solo ristabilendo la distanza giusta tra la testa e i piedi. Alice può farlo solo seguendo il “Consiglio di bruco”: dovrà mangiare un fungo. Ma che fatica! Non è per niente facile! Gli effetti dei morsi dati al cappello del fungo infatti cambiano a seconda della parte di fungo che Alice morde.
La consapevolezza, che è essenzialmente armonia ed equilibrio tra le diverse parti che ci compongono, è frutto di scelte tra le tante opportunità che attraversano le nostre giornate. Per quanto immersi nell’era della consapevolezza, più cercata e raccontata che vissuta, questa non ci è data come un cromosoma. È conquista. È frutto di scelte. E anche di errori.
Derivata dall’unione tra con (insieme) e sapere, avere consapevolezza vuol dire letteralmente arrivare, insieme, a conoscere qualcosa; rendersi conto di qualcosa confrontandosi.
Il confronto può esserci con chi sta di fronte a noi o con noi stessi. In questo secondo caso, la consapevolezza è chiamare a raccolta tutte le parti di noi per vivere in pienezza la nostra vita. È entrare in modalità Alice, mettendo tra parentesi il sorprendente e, a volte, strano mondo che affolla la “tana del coniglio”. È entrare in un dialogo leale con le proprie emozioni, con i propri pensieri e con il proprio corpo. Fino a chiedersi scusa per avere, talvolta, sciupato emozioni e aver soffocato sogni. Consapevoli che «ciò che conosciamo di noi è solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa» (L. Pirandello).

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