Approvazione

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Il bisogno di approvazione da parte degli altri può convivere col legittimo desiderio di essere pienamente se stessi, senza dipendere da aspettative altrui.
Ma la parola approvazione la si incontra anche in altri ambiti. In quello scolastico, ad esempio, approvare vuol dire esprimere una valutazione positiva sulla performance di uno studente. C’è spazio per l’approvazione anche in ambito giuridico-amministrativo: qui è il momento finale di verifiche operate su procedure. Approvando, l’autorità riconosce la coerenza formale e contenutistica di alcuni atti fino a permetterne l’esecuzione.
Sempre comunque l’approvazione è una manifestazione di consenso, in coerenza con la sua etimologia che la fa derivare dal latino approbatio/adprobare. La presenza dell’aggettivo probus (buono, ben fatto, abile) nel sostantivo e nel verbo sopraricordati giustifica il significato di conferma, ratifica. Letteralmente, approvare è «dare per buono».
Il posto che, in ambito giuridico-amministrativo, è assegnato alle autorità preposte a concedere l’approvazione, nelle dinamiche relazionali lo tengono gli altri; tutti coloro cioè che per un motivo o per un altro incrociano la mia storia. Non sempre però l’approvazione segue percorsi accettabili.
Quante volte, mentre siamo in attesa di approvazione in ambito giuridico-amministrativo siamo costretti a registrare ritardi, inadempienze e, spesso, atteggiamenti fortemente frustranti, al di là di ogni ragionevole limite! Non molto diverso è quello che può capitare al singolo nella vita di relazione. La ricerca di approvazione e di stima è di per sé un’attesa sana. Quando è vissuta con equilibrio, può fungere da stimolo per mettere a frutto le proprie capacità, per affinare certi comportamenti e per mettere ordine nelle proprie emozioni. Può subentrare, però, un bisogno di approvazione degli altri che cresca in maniera spropositata, al limite del patologico. Tanto da mettere a tacere le mie attese interiori e consegnare ad altri le redini della mia vita; tanto da costringermi a fare ciò che ci si aspetta da me, a scapito di quello che io, in fondo, vorrei per me.
La patologica ricerca di approvazione, piuttosto che onorare la verità di sé, permette ad altri di divenire misura della propria vita e delle proprie aspirazioni. Si finisce applauditi dagli altri, ma delusi da se stessi; dimentichi che siamo su questa terra per vivere la nostra vita, non quella che altri intendono farci vivere.
Solo un costante ascolto di sé, vissuto dialogando con equilibrio, permette di coltivare il sacrosanto «coraggio di non piacere», che nulla a che fare con l’arroganza e la presunzione del narcisista.

Approvazione

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