Apertura

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

È prevalente, nel linguaggio comune, l’uso figurato della parola apertura, che però indica come primo significato lo spazio che può aprirsi su una superficie, permettendo di guardare oltre la superficie stessa o anche di attraversarla. In questo senso e a seconda del contesto, l’apertura può assumere la forma di una porta, di una finestra o, più genericamente, di un foro. Sempre comunque, la parola apertura evoca un varco, una fenditura che permette di andare oltre lo spazio che si sta occupando e quindi di entrare in contatto con qualcosa di inedito.
Se in un primo significato l’apertura è assenza di impedimento, in senso figurato è l’atteggiamento interiore che nutre e sostiene il passaggio da uno stato d’animo a un altro, da un modo di pensare e di impostare la propria storia a un altro. Si parla, in questo caso, di apertura mentale e di apertura di cuore, necessarie a chiunque voglia realizzare un fecondo approccio emotivo, politico, diplomatico, religioso o scientifico alla realtà. L’apertura di cuore, al contrario della durezza e della chiusura, permette di entrare in una dimensione di complicità con le realtà circostanti, che smettono di essere fonte di paura per trasformarsi in varchi per esperienze nuove e sorprendenti.
Nel mondo della mitologia (Porta dei Leoni di Micene) come in quello delle saghe fantasy (i tre volumi de Il signore degli anelli di J.R. Tolkien e le avventure del mago Harry Potter di J.K. Rowling), nella letteratura (Omero, Virgilio, Dante) come nel ricco e variegato mondo dell’esperienza religiosa, la porta, e l’invito ad attraversarla, è divenuto simbolo di un’apertura che permette il passaggio verso una situazione favorevole e comunque diversa. Gesù stesso dice di sé: «Io sono la porta» (Gv 10,9).
Proprio perché spazio che permette il passaggio, l’apertura domanda vigilanza ed esige custodia. Ancor più quando si tratta di aperture metaforiche, come l’apertura mentale o quella del cuore. Entrambe auspicabili, ma nessuna del tutto a noi congeniale, a causa della paura che accompagna sempre ciò che è nuovo; dal volto e dalla storia dell’altro ai sorprendenti orizzonti che si spalancano dinanzi a chi coltiva l’apertura del cuore e della mente. Non basta desiderarle per essere sicuri di poterne sperimentare i frutti. Soprattutto quando manca una robusta formazione interiore e non matura il gusto di conoscere modi di pensare e di vivere differenti dai propri.
Nemica dell’apertura è la paura di essere derubati della propria identità, che invece non può che rinsaldarsi, pur rendendoci paradossalmente più vulnerabili, nell’incontro con storie e realtà altre.

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