La Liturgia della Parola di oggi presenta il tema dell’unione uomo-donna sia dal punto di vista teologico (1ª lett.) che da quello giuridico (Vangelo). Due aspetti strettamente legati tra loro, visto che l’interpretazione teologica fonda le risposte e le precisazioni di Gesù che, poi, devono ispirare la vita del credente.

Certo, dinanzi alle ferite che da sempre il matrimonio e la famiglia subiscono e che sembrano acuite ai nostri giorni, è forte la tentazione di ritenere quasi inutile una riflessione sulla proposta e sul modo di vedere il matrimonio da parte di Cristo e della Chiesa. In effetti, sono tantissime le situazioni odierne nelle quali l’esperienza matrimoniale è in grave sofferenza e le famiglie “arrancano”, da tanti punti di vista. Ma è altrettanto vero che esistono tantissime famiglie nelle quali si incontra amore quotidianamente e faticosamente rinnovato tra i coniugi, così come tra genitori e figli, nel desiderio comune di crescere in una realtà relazionale che chiede impegno e reciprocità.

Tutto ciò ci aiuta a cogliere la positività di quanto il buon Dio oggi ci dice su queste realtà così belle, ma insieme fragili e problematiche. Nel progetto originario del Creatore, l’uomo, al vertice della creazione, è chiamato a vivere in un rapporto di armonia con la donna, escludendo qualsiasi atteggiamento di dominio. L’unione e l’armonia originarie tra l’uomo e la donna trovano la loro concretizzazione nel matrimonio. Ma è la stessa Parola di Dio a ricordarci con grande realismo che l’uomo e la donna, chiamati a vivere l’esperienza della relazione e dell’amore, possono dolorosamente porre gesti che la mettono in crisi. Gesù condanna la separazione e tutto ciò che può gradualmente portare al naufragio della relazione. Lo fa per confermare un disegno nel quale spicca la forza e la bellezza della relazione, non solo di quella matrimoniale. Il Sinodo dei Vescovi – che Papa Francesco ha convocato e che proprio in questa Domenica si apre – da una parte, vuole confermare la bellezza della famiglia come ci è stata consegnata dalla Scrittura e dalla Tradizione viva della Chiesa; ma, nello stesso tempo, vuole far sentire la vicinanza materna della Chiesa a quanti vivono con sofferenza l’esperienza di relazioni infrante o destinate ad essere vissute in maniera sofferta e faticosa.

Il modo di agire di Dio verso il suo popolo infedele ci insegna che l’amore ferito può essere sanato solo dalla misericordia e dal perdono. Perciò alla Chiesa, in queste situazioni, non è chiesta subito e solo la condanna. Al contrario, di fronte a tanti dolorosi fallimenti familiari, essa si sente chiamata a vivere la sua presenza di carità e di misericordia, per ricondurre a Dio tanti cuori feriti.

» XXVII Domenica del Tempo Ordinario, 4 ottobre 2015