Questa solennità liturgica, così importante per la testimonianza della nostra fede, a dire il vero è sempre stata una “piccola croce”  per i preti, nel momento dell’omelia e della catechesi. Fino a non molto tempo fa, infatti, tanti sacerdoti si sentivano obbligati a ripetere ai fedeli quanto avevano appreso a scuola di teologia sulla Trinità, ma spesso con risultati “comunicativi” deludenti. Così, di fronte al volto piuttosto perplesso e annoiato degli ascoltatori, normalmente si finiva per appellarsi al “mistero”; quasi a dire: “Io ci ho provato! Ma la cosa non si può capire”, e qui scattava l’invito all’adorazione, che chiudeva ogni discorso!

La cosa può quasi far sorridere, ma lascia comunque trasparire il reale disagio di comunicare, attraverso poveri schemi umani, la grandezza di un Dio che non si lascia certo imbrigliare dalle nostre parole. Messi da parte, dunque, i più o meno goffi tentativi di “spiegazione” del Dio Uno e Trino, proviamo allora a percorrere una via migliore, e certamente più adeguata, per celebrare e vivere nella gioia questa festa: è la via che passa dall’ascolto attento della Parola di Dio.

Sì, è proprio questa Parola che ci aiuta a capire come la preoccupazione di Dio non sia solo quella di farci sapere che Lui esiste; e nemmeno tanto quella di farci sapere “come” Egli è. Il Signore attraverso la Sua Parola, oggi, si presenta a noi come il “Dio con noi”, uno al quale sta davvero a cuore la nostra storia personale, che si prende cura di noi, a partire dai più poveri e bisognosi. Per questa ragione, nella prima lettura, ci ha voluto ricordare che Egli “è Dio lassù nei cieli” ma anche “quaggiù sulla terra”, in mezzo a noi e con noi, che ogni giorno, tra gioie e dolori, ci sforziamo di camminare verso l’incontro definitivo con Lui. Sempre per questo motivo, nella seconda lettura,  per bocca di Paolo ci comunica il suo desiderio di essere considerato e chiamato Padre, anzi “papà” (Abbà), con la totale confidenza e fiducia di un bimbo che si abbandona nelle braccia di chi gli ha donato la vita. Ancora per questo, infine, nel Vangelo, ci promette di restare con noi sempre, “ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. E proprio perché certi della Sua presenza costante accanto a noi,  ci affida il compito di testimoniarlo rendendo sue discepole altre persone, cioè facendo fare loro la stessa esperienza di vicinanza e comunione con Lui.

Dunque, la festa della Ss. Trinità è la festa di un Dio che non ha smesso di amare ognuno di noi e che chiede di allargare gli spazi in cui Lui possa amare. Ed è proprio questo il compito della comunità, oggi: dire al mondo che c’è un Dio che ama e portare a Dio un mondo bisognoso di amore. La SS. Trinità è un Dio Amore, il cui annuncio passa anche dalla testimonianza della nostra vita.

» Ss. Trinità, 31 maggio 2015