“Il primo giorno della settimana” (Gv 20, 19): con la risurrezione di Gesù la Domenica per i cristiani costituisce un nuovo inizio, è appuntamento che scandisce il tempo e criterio che mette ordine alle cose e agli impegni.
Ma, nota l’evangelista, su quel primo giorno già scende la sera: quasi a dire come, accanto allo stupore per la pietra rovesciata via dal sepolcro e alla gioia per l’annuncio dell’angelo alle donne, si facciano subito spazio anche altri sentimenti. Ecco, infatti, affacciarsi la paura, che fa sprangare porte e finestre del cenacolo: paura dei Giudei, ma anche insicurezza, confusione e rimorso per aver abbandonato, tradito e rinnegato così in fretta il Maestro. E, poi, l’ostinazione, incarnata dall’apostolo Tommaso e da quanti vivono lo sconcerto davanti allo scandalo della croce, per cui si aggrappano e difendono il buon senso, la praticità, la concretezza: “Se non vedo… e non metto il dito… e non metto la mia mano… io non credo” (Gv 20, 25).
Quanto rimane importante questo racconto per noi oggi! Otto giorni dopo aver celebrato in un clima di festa la risurrezione di Gesù, la liturgia ci pone dinanzi l’esperienza che del Risorto ne ha fatto la prima comunità. La sua storia aiuta ad affrontare alcuni interrogativi tutt’altro che secondari per la nostra vita di credenti: quali effetti ha provocato nei singoli e nelle comunità la fede pasquale? Quali difficoltà hanno incontrato i cristiani delle origini nel credere risorto quel Gesù che avevano visto morire crocifisso? Che tipo di entusiasmo ha innescato la fede nel Signore risorto?
Una prima e fondamentale risposta ce la offre la prima lettura, che ci presenta una comunità rinnovata nello stile di vita e nella capacità di stare insieme: “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune” (At 4, 32). Lo Spirito del Risorto fa, dunque, nascere relazioni nuove, per cui ciò che poteva sembrare un’utopia o un’illusione diventa logica quotidiana, anticipazione di un cielo nuovo e di una terra nuova.
Della risposta agli interrogativi che ci siamo posti fa parte anche la pagina del Vangelo. Da una parte, ci dice che la fede nel Signore – la fede di ciascuno di noi – non è un mai un atto scontato: non lo è stato nemmeno per i primi discepoli… Dall’altra, ci rassicura con il racconto di come il Risorto non si fermi né davanti alla paura degli apostoli né dinanzi alle nostre porte chiuse. Egli entra con il dono della pace e dello Spirito Santo, perché sappiamo continuarne la missione: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati” (Gv 20, 23). Pasqua profuma di riconciliazione. Con Dio, con gli altri, con noi stessi. Pensiamoci, per non celebrarla invano.