Lasciatemi dire innanzitutto che io amo molto questa festa. Perché è festa della comunione. Comunione dei santi e dei peccatori che si tengono per mano, nell’immenso pellegrinaggio verso la vita e quindi incontro al Signore.
É una festa che mi fa incontrare i volti e le storie di tanti che ho amato; che mi fa incontrare i volti e le storie dei miei santi – non solo e non necessariamente quelli conosciuti e venerati da tutti – ma tutta la parte buona e forte della mia vita. Amo molto questa festa, perché mi assicura che il paradiso non è pieno di puri dalle eroiche virtù, ma di peccatori perdonati, di gente come me. E, proprio a questo proposito, mi piace sottolineare la continuità tra la festa di oggi e la figura del pubblicano che dominava, con la sua umiltà, l’Evangelo della scorsa domenica.
I santi sono coloro che, come il pubblicano, hanno riconosciuto il loro peccato, hanno rinunciato a far valere scuse o attenuanti e hanno evitato di enfatizzare le poche cose buone che probabilmente riuscivano a fare.
I santi sono come il pubblicano che si è interamente consegnato nelle mani del buon Dio, ottenendo da Lui tutto: «Dio, abbi pietà di me peccatore!». Cosa vuol dire essere «poveri in spirito» se non smettere i panni (farisaici) della presunzione e vestire quelli della quotidiana disponibilità a Dio, maturando, con la grazia del suo Spirito, risposte sapienti, attinte dalla saggezza della Sacra Scrittura?
Oggi la Chiesa vuole ricordarci e pone dinanzi a noi tanti uomini e donne che hanno speso la loro vita dando quotidianamente risposte attinte dalla Parola di Dio e dalla profonda amicizia vissuta con Lui.
La liturgia della Parola, e in particolare la prima lettura, fanno passare oggi davanti a noi – invitandoci a contemplarla – «una moltitudine immensa» di questi uomini e donne, «avvolti in vesti candide e che portano palme nelle mani».
Il messaggio che oggi ci viene consegnato può essere riassunto in uno slogan molto prevedibile: «l’abito non fa il santo»; quasi a dirci che per entrare a far parte moltitudine immensa degli “amici di Dio” – questo sono i santi ! – vi sono tante strade, come tante sono le storie degli uomini per i quali oggi noi lodiamo il Signore. È sempre la prima lettura a dirci cosa è la santità, ricordandoci che i santi «sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello». Questa è la santità alla quale noi siamo chiamati: è la santità di coloro i quali – come amava affermare Lao-Tzn (VI-V sec. a.c.) – indossano abiti vili, ma nascondono gemme nel loro petto».
La santità vera quindi è quella che veste i panni della quotidianità ; i panni indossati da persone semplici e modeste, che portano nel loro cuore un fuoco e un entusiasmo che non sono a intermittenza e non si attivano solo dietro la spinta della gratificazione o di piccoli/grandi interessi.
É la santità che costa più fatica di quella che poggia su un atto eroico. Il fuoco e l’entusiasmo che portano nel cuore i santi li fa essere uomini e donne delle beatitudini/delle dissonanze/delle scelte imprevedibili!
Immaginate: «Beati i poveri … i puri … gli operatori di pace … gli afflitti … i perseguitati». Sembra un esercito di sconfitti! …almeno secondo la mentalità corrente. Ma per chi è fortemente legato a Cristo Gesù e cioè per i santi e attraverso l’esempio e l’intercessione dei santi, la povertà diventa ricchezza; le lacrime possono diventare gioia; la purezza del cuore diventa trasparenza di Dio; la mitezza conquista più della violenza; la misericordia penetra e convince più che la severità; la pace ha la meglio sulla guerra; l’amore scavalca l’odio e lo distrugge.
Il segreto perché la strana litania delle Beatitudini diventi realtà nella storia concreta di ognuno di noi è il legame forte con Cristo e con la sua Parola, come ci ricorda l’apostolo Giovanni nella seconda lettura.
“Santi” sono uomini e donne che, in forza del loro legame con Cristo e forti della fiducia in Lui, si sono sporcati le mani e spesso la reputazione per fare più spazio dentro di sé ed attorno a sé a valori normalmente in ribasso; quali la sobrietà/povertà scelte al posto dello spreco, la lealtà come alternativa all’imbroglio, il compimento del proprio dovere in alternativa al disimpegno, la solidarietà concreta in alternativa al tornaconto e all’egoismo.
Oggi veniamo chiamati a lodare e ringraziare il Signore per coloro che hanno vissuto facendo queste scelte, ma veniamo chiamati anche a metterci in cammino con loro e a sentirli nostri compagni di viaggio.