Il Battesimo di Gesù – che abbiamo celebrato domenica scorsa – segna l’inizio della sua vita pubblica, all’insegna di un gesto di profonda solidarietà di Gesù con i peccatori che, davanti al Battista, confessano pubblicamente il loro peccato.
Ma questo episodio segna anche il rapporto tra Gesù e Giovanni Battista. Vedere Gesù mischiarsi con i peccatori e farsi loro compagno di strada verso una libertà recuperata colpisce in maniera profonda il Battista, che sembra quasi non riuscire a trattenersi nel dare testimonianza al Maestro: “ho visto e ho testimoniato”.
Ma cosa ha sperimentato Giovanni di così nuovo e sconvolgente da fargli decidere di puntare tutto su Gesù? Egli, vedendo Gesù, “il Figlio amato” dal Padre, solidarizzare con i peccatori, si è reso conto della grande novità – vero e proprio capovolgimento – portata da Cristo. Mentre, infatti, in tutte le religioni, è l’uomo che offre (“sacrifica”) qualcosa a Dio, in Gesù, è Dio che offre il suo Figlio per l’uomo. La sorpresa di Giovanni e la sua adesione alla novità portata da Gesù è tutta riassunta in quell’espressione che noi ripetiamo ogni volta che celebriamo la S. Messa: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”.
L’immagine dell’agnello evocata dal Battista e attribuita a Gesù è un’immagine che vede in Lui colui che Dio Padre invia e offre per noi. Ecco la grande novità che ha percepito e che ha sconvolto il Battista!
Giovanni capisce che riconoscere e accogliere l’Agnello di Dio vuol dire essere chiamato a testimoniare il capovolgimento realizzato da Gesù e a offrirsi per i fratelli. Giovanni capisce di essere chiamato a far toccare con mano a tutti la vicinanza di Dio; quella vicinanza che lui stesso ha potuto sperimentare sulle rive del fiume Giordano.
Come lui, anche noi veniamo chiamati a testimoniare che il Dio di Gesù è un Dio che non se ne sta lontano “nell’alto dei cieli”; è un Dio che si mette in strada con l’uomo; è un Dio che attraversa le acque inquinate del Giordano per risalire e riprendere un cammino nuovo, facendosi carico della storia compromessa di ogni uomo, storia fatta spesso di grandi slanci, ma segnata anche da cocenti sconfitte.
Giovanni “ha visto” e per questo “ha testimoniato”. Quando invece manca l’aver visto – cioè l’aver fatto esperienza personale della vicinanza del Signore – la nostra vita cristiana si riempie di luoghi comuni, abbonda di gesti e di parole irrilevanti e, perciò stesso, inconcludenti.
Dunque, alla luce della Liturgia odierna, mettiamo tutto il nostro impegno per rendere attuale ed autentica la nostra esperienza di vicinanza del Signore e della sua logica rinnovatrice. Solo così, saremo anche noi suoi testimoni, perché con verità potremo dire di “aver visto” in prima persona gli effetti dell’amore di Dio sulla nostra vita.

» II Domenica del Tempo Ordinario, 15 gennaio 2017