Is 58, 9b-14; Lc 5, 27-32 – Abbiamo da pochi giorni dato inizio al nostro cammino quaresimale e il Signore, attraverso la parola ascoltata, vuole aiutarci a riempire di contenuto e a dare concretezza all’esperienza di conversione che deve segnare questo tempo di grazia.Se dovessi dare un titolo per riassumere il senso del messaggio delle letture ascoltate, non esiterei a scrivere così: «Uno sguardo al posto del dito puntato». E sì! Perché la pagina di Isaia e la chiamata di Matteo raccontata da Luca questo ci invitano a fare: rinunciare al dito puntato ed allenarci ad avere lo stesso sguardo che ha avuto Gesù nei confronti del pubblicano Matteo. Ma il gusto – un gusto che non ha niente di evangelico – (ma il gusto) di puntare il dito non lo si perde facilmente! C’è un solo modo per perderlo e per sostituirlo con lo stesso sguardo con il quale Gesù ha guardato Matteo. Ce lo dice il Signore stesso attraverso Isaia: «Se tratterrai il piede dal violare il sabato e dallo sbrigare affari nel giorno a me consacrato…». Quasi a dirci: solo un rapporto vero e intenso con me può generare in te un modo nuovo di guardare al fratello e alla sua storia. Solo l’incontro col Signore fa passare dal dito puntato allo sguardo che salva. Sappiamo tutti quanto scompiglio – vero e proprio scandalo per alcuni – ha provocato lo sguardo di Gesù nei confronti di Matteo. Sappiamo tutti quanto ipocrito scandalo mettono in campo ancora oggi persone pie per le quali – non si capisce in nome di quale Vangelo – il lebbroso deve rimanere fuori anzi lontano dal tempio; col peccatore non bisogna trattare; i principi non si devono toccare, anche a costo di stritolare storie già fragili e compromesse di per sé. La scena del Vangelo di oggi è abitata da fatti, persone e parole molto vicini alla vita delle nostre comunità alle quali – tante volte e per i motivi più diversi – si avvicinano uomini e donne feriti e segnati dal peccato. Queste persone spesso, nelle nostre comunità, incontrano chi si ritiene in dovere di tenerle a distanza; semmai scaricando su di esse giudizi e cattiverie senza limiti. Il tutto, in nome di una religiosità dell’esclusione, come quella praticata dai farisei e i loro scribi. Capita anche a noi di essere così concentrati su questo compito da cani ringhiosi appostati davanti alla porta del cuore del Padre, da non accorgerci che Gesù sta da un’altra parte e che lui, al dito puntato, preferisce l’incontro, lo sguardo e l’invito ad andare «nella sua casa», ad entrare cioè nella storia e nel mondo compromessi di Matteo. Quanta delicatezza e quanta essenzialità nello sguardo, nei gesti e nelle parole di Gesù! È questo che spinge Matteo a prendere le distanze dal tavolo delle imposte, dal luogo cioè in cui quotidianamente andava consumando il suo peccato di sopraffazione. Per i farisei, quello sguardo che salva e che chiama è uno sguardo insopportabile! Come insopportabile risulta a tanti perbenisti la vicinanza che tanti uomini e tante donne di Vangelo assicurano al giovane che sta facendo scempio della sua vita, alla ragazza che sta svendendo la sua bellezza e la sua carica di umanità! Signore, converti il nostro dito puntato in dito che indica possibilità nuove per tutti. Converti la nostra voglia di giudizio in desiderio di accoglienza. Apri il nostro cuore e rendici testimoni credibili della gioia del tuo Vangelo. AMEN

omelia_21_02_2015