Il Vangelo odierno prosegue quello di domenica scorsa. Avevamo lasciato Gesù amareggiato dall’atteggiamento dei concittadini di Nazareth, che avevano rifiutato il suo annuncio. Ma, lungi dal perdersi d’animo e ben cosciente dell’opera che il Padre gli ha affidato, il Signore torna alla sua missione: l’annuncio del Regno di Dio. E’ questo il centro della sua predicazione, e non può che essere questo il centro dell’azione della Chiesa. Lo ha ricordato anche Papa Francesco, parlando (nell’Esortazione Evangelii Gaudium) della necessità attualissima per la Chiesa di “uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”.
Ecco, allora, che lo sguardo torna al Vangelo, a Gesù che invia gli apostoli a fare esperienza di evangelizzazione. Prima però li istruisce attentamente sullo “stile” da vivere in questa missione, per poter sperimentare la forza del Vangelo che annunciano. Le modalità richieste da Gesù, infatti, sono “sostanza” e non “forma”, parte integrante dell’annuncio evangelico e non realtà accessoria.
I discepoli partono “a due a due”. È importante questo andare a due a due, avere uno su cui contare, nelle cui parole cercare l’evidenza che esisti, che sei amato, che sei capace di relazioni positive, che non si crede da soli. Perché, se è solo, l’uomo inizia a dubitare di tutto, perfino di sé stesso.
Il primo annuncio dei Dodici, dunque, è la loro stessa vita, un evento di amicizia, un germe di comunità fondata sulla Parola.
“Non portate nulla per il viaggio”. È la nudità della croce. I Dodici riproducono in sé il volto di Colui che li invia, l’Uomo che cammina povero e libero, senza un luogo dove posare il capo né alleati da gratificare. “Non portare nulla”. Perché ciò che hai ti divide dall’altro. Perché nessun uomo è “ciò che possiede”. Perché vivrai dipendente dal cielo e dagli altri, di pane condiviso e di fiducia. Perché la forza non è nei mezzi, ma nella Parola, che si diffonde incarnandosi nei testimoni e nei martiri.
“Entrati in una casa lì rimanete”. La casa, il luogo della vita più vera, dove annunciare e poi guarire, cacciare i demoni e creare comunione. Il luogo dove la vita nasce, vive d’amore, si converte dalla solitudine alla comunione: il cristianesimo deve essere significativo là, nella casa, nei giorni della festa e in quelli del dramma, quando c’è un “figliol prodigo”, quando Caino si arma di nuovo, quando l’amore sembra finito e ci si separa, quando l’anziano perde il senno o la salute. Là, dove la vita celebra la sua festa e piange le sue lacrime, giunge e sana la Parola di Dio.
Un annuncio fatto di poche parole (“convertitevi”) e del modo di essere dei Dodici: ieri come oggi, è questo lo “stile” testimoniale che ogni evangelizzatore autentico deve assumere.