Se la gioia viene ancora dai poveri – Un nuovo anno! Quanto vorremmo iniziarlo con l’animo giusto, liberi dalle vuote banalità e dagli eccessi volgari che spesso pretendono di accompagnarne l’arrivo…
Avvertiamo il desiderio – e, ancor più, la necessità – di dare un contenuto di verità alle strette di mano con cui ci scambiamo gli auguri; sappiamo anche che, se dovesse dipendere soltanto dalle nostre forze, difficilmente potrebbe scattare un entusiasmo in grado di farci davvero cominciare qualcosa di buono o di nuovo. Tante, forse troppe, sono le sconfitte e le delusioni che ci gravano addosso e impediscono di far credito sul futuro.
Una volta di più è la liturgia a risollevarci, indicandoci la via. Lo fa, innanzitutto, presentandoci lo stile con cui Maria si è lasciata interrogare dagli eventi: il suo, dice il Vangelo, è stato un “custodire” e un “meditare nel cuore” (cf. Lc 2, 19). Il primo atteggiamento da far nostro è proprio un porsi davanti alla vita quotidiana e, ancor più, alle persone considerandole altrettanti appelli del Signore. Vissuto lontano dalla distrazione e dalla superficialità, l’anno non scadrà in tempo sprecato. L’altro modello ci viene incontro attraverso la figura dei pastori con il loro “andare senza indugio” verso Betlemme (cf. Lc 2, 16). Per coglierne la forza dobbiamo ricordare che essi non possedevano nulla di quell’aria romantica con cui noi oggi li poniamo sui nostri presepi. Erano, invece, considerate persone di poco conto, impure, lontane dal tempio e dalla possibilità di osservare le prescrizioni rituali. È sorprendente che – a differenza di notabili e sacerdoti – siano loro, i più poveri, a mettersi in cammino, abbandonando la sicurezza e il calore di un ricovero e persino il gregge; proprio per questo, saranno loro a “trovare” e, quindi, a farsi messaggeri gioiosi del Natale.
Maria e i pastori: il loro stile rende possibile l’incontro con quella verità di vita che quest’anno Papa Francesco colora di fraternità. Nel suo messaggio per la Giornata della pace egli prende in esame i volti della schiavitù, ne analizza le cause profonde, mettendo in rilievo l’impegno comune per contrastarla e per lavorare verso una «globalizzazione della solidarietà», che rovesci ogni indifferenza.
Non consideriamo il suo appello come se fosse indirizzato soltanto alle grandi istituzioni: sentiamoci davvero interpellati a trasferirlo sul piano concreto dei nostri rapporti, con «il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo, che si rende visibile attraverso i volti innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama ‘questi miei fratelli più piccoli’ ».
Mentre invochiamo su ciascuno la stupenda benedizione consegnataci nella prima lettura – “Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” – rendiamoci volti luminosi per quanti incontriamo.
Allora, sarà davvero un buon Anno. Per tutti.

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