Anche oggi l’incontro con la Parola di Dio ci educa concretamente alla fede in Lui. Essa contribuisce a smascherare le povertà che ancora attanagliano il nostro cuore e a purificarci da esse. Più in particolare, le letture di questa domenica sono caratterizzate da alcuni parallelismi che ci aiutano a comprenderne il messaggio centrale.
Il dialogo tra Giosuè e Mosè (prima lettura), infatti, si ripete in buona sostanza nella conversazione tra l’apostolo Giovanni e Gesù (vangelo). Giosuè chiede con forza a Mosè: “Impedisci che Eldad e Medad profetizzino nell’accampamento”; Giovanni invita Gesù a condividere l’ostracismo dato a un tale che scacciava i demoni nel suo nome, pur non appartenendo alla cerchia dei discepoli.

Entrambi, Giosuè e Giovanni, esprimono uno stesso modo di reagire dinanzi ad un fatto nuovo, non previsto, non programmato: la presenza di gente “non allineata”, che predica ed opera senza essere “autorizzata”. Questa loro reazione alla novità imprevista assomiglia tanto all’atteggiamento di chi, visitando una città per la prima volta, è più preoccupato di verificare che tutto corrisponda a quello che è scritto sulla propria guida, piuttosto che lasciarsi meravigliare, incantare o deludere da ciò che vede.

Ecco, allora, che Giosuè e Giovanni chiedono che tutto venga ricondotto nel previsto, nel programmato. Maestro, quell’uomo non è dei nostri! Non importa se opera il bene, se fa miracoli, se dalle sue mani germoglia vita. La sua presenza ci oscura, ci toglie il pubblico. E poi viene da un’altra storia, mentre noi dobbiamo difendere la nostra!
Ecco cosa può accadere quando “l’istituzione” viene prima di tutto, “l’appartenenza” prima del miracolo, l’ideologia prima della verità.

La risposta che Mosè dà a Giosuè è quella di un uomo tollerante e lungimirante, capace di aprirsi alla novità, come dev’essere ogni uomo di fede. Allo stesso modo, la risposta di Gesù sorprende i discepoli, aprendo loro nuovi orizzonti. Come pure sorprende noi, abituati come siamo a pensare secondo le categorie di “amico – nemico”, “noi – loro”, “chi è dentro – chi è fuori”.

Per questo, il Signore ci educa ad andare oltre, ci educa ad aprire il cuore e a saper scorgere la sua presenza anche in luoghi e persone “non autorizzate”. Un chiaro invito a preoccuparci più dell’autenticità e coerenza della nostra fede, che non di come o da chi essa venga diffusa. In questa direzione vanno le esigenti richieste che Gesù rinnova ai suoi discepoli – allora come oggi – per vivere il Vangelo senza ambiguità. Guardarsi dallo scandalizzare “i piccoli”, eliminare dalla nostra vita ciò che ci fa ostinatamente “inciampare” (“scandalo” significa “inciampo”) nel cammino di fede, anche se ciò richiede sacrificio: ecco cosa Gesù si attende da noi, che diciamo di voler essere suoi discepoli.

XXVI domenica del Tempo Ordinario, 30 settembre 2018