La Liturgia della Parola di queste ultime domeniche che concludono l’anno liturgico vuole sensibilizzarci agli avvenimenti finali, alle “realtà ultime”. La Chiesa ci propone questo cammino non per incutere timore, ma per aiutarci a valorizzare di più la nostra vita terrena e il tempo che ci è donato.

Oggi, l’attenzione è centrata sul tempo dell’attesa delle “realtà ultime”: un tempo di per sé ambiguo, come ambiguo è il tempo che viviamo. Esso infatti può essere valorizzato, ma può anche scorrere banalmente, come capita alle dieci vergini che, nell’attesa dello sposo, si addormentano. La differenza tra esse, tutte invitate alla festa di nozze da uno sposo ritardatario, emerge nel momento decisivo, all’annuncio: “Ecco lo sposo!”. Quelle di loro che, nell’attesa (nella propria vita), si sono preparate procurandosi dell’olio (simbolo di costanza, fedeltà, forza d’animo) vivranno senza timori e con gioia il momento decisivo dell’incontro con lo sposo ed entreranno nella sua casa.

In questa pagina del Vangelo, l’evangelista Matteo si rivolge alla sua comunità che comincia a far propri i comportamenti “mondani”. Egli è preoccupato per quella parte della comunità che, pur mostrando interesse ed attenzione verso “lo sposo”, non fa tutto quello che è necessario perché quest’attesa sia vigile e fruttuosa. In questo modo, Matteo intende stimolare la sua comunità a vivere pienamente il proprio cammino di fedeltà all’Alleanza col Signore.

La risposta dello sposo alle ragazze rimaste senza olio (“… in verità vi dico: non vi conosco!”), il dialogo tra i due gruppi di ragazze (“… Dateci del vostro olio! … No!” e l’ultima espressione della pericope evangelica (“Vegliate dunque perché non sapete né il giorno né l’ora”) ci danno il senso esatto della parabola odierna. “… In verità vi dico: non vi conosco!”. Una frase già dura di per sé, che lo diventa ancor più quando pensiamo che le vergini chiamate a vegliare erano amiche di infanzia degli sposi, quindi gente conosciuta! Ciò che spinge a dire “non vi conosco” è la mancanza di vigilanza, il non aver continuato a tenere viva la tensione, l’aver tirato i remi in barca.  “Vegliate dunque perché non sapete né il giorno né l’ora”. L’invito alla vigilanza è invito alla vita! L’invito alla vigilanza è invito alla sapienza! Essa è capacità di leggere la storia con gli occhi di Dio; è sentirsi suoi consapevoli collaboratori nella vita di ogni giorno. E leggere la storia con gli occhi di Dio lo si impara non accontentandosi delle proprie sicurezze, aprendo gli occhi con simpatia, accostando le persone con fiducia e con la disponibilità a rimettersi in discussione! Ma ciascuno deve assumere le proprie responsabilità davanti a Dio, non si può infatti “prendere in prestito” meriti dagli altri (“Dateci del vostro olio! … No!”).

XXXII domenica Tempo Ordinario, 12 novembre 2017