Ad un primo sguardo, la solennità dell’Ascensione potrebbe sembrare una sorta di “triste addio”: Gesù lascia i suoi e, in prospettiva, lascia anche orfana la sua Chiesa. Ma l’espressione che chiude il Vangelo di oggi dice ben altro: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo…”.

Proprio per questa promessa di Gesù, l’Ascensione non può essere affatto considerata come la festa dell’addio; con essa è finito solo il tempo degli incontri fisici tra Gesù e la gente, il tempo dei “nomi” (Maria, Pietro, Tommaso), il tempo del pane e del pesce condivisi intorno al fuoco. Perché, salendo al cielo, Gesù inaugura un modo nuovo di essere presente tra i suoi e nel mondo; per i suoi discepoli, inizia un modo nuovo di stare con Lui e di sperimentare la sua vicinanza. “Io sono con voi tutti i giorni…”. Dal giorno dell’Ascensione, discepoli di Gesù sono coloro che sono capaci di scommettere sull’invisibile! Un invisibile, però, che non è assenza, perché il Signore Gesù non è andato lontano, ma paradossalmente è più vicino a noi. Se prima era “insieme” ai discepoli, ora è “dentro” di loro. Se prima solo pochi potevano toccarlo, vederlo e parlargli, dopo l’Ascensione Egli è davvero presente a tutti ed in ogni luogo. E’ questa la certezza che sostiene il cristianesimo, dal quel giorno in poi!

In questo clima di presenza diffusa di Cristo, ci viene affidato un compito: “Voi sarete miei testimoni”. Lo saremo, però, non moltiplicando le azioni, ma divenendo “trasparenza” del Signore Gesù e del suo Vangelo. Come singoli e come comunità, saremo sua “trasparenza” quando, attraverso di noi, qualcuno si sentirà accolto, compreso, perdonato, incoraggiato, nel nome di Gesù. In quel momento, infatti, assolviamo il compito affidatoci dal Signore nel giorno dell’Ascensione: essere suoi testimoni, facendo seguito anche alle parole di delicato rimprovero dei due bianco-vestiti, riportate nella prima lettura: “… Perché state a guardare?”.

“Fate mie discepole tutte le nazioni!”: è questa la consegna di Gesù che sale al cielo! Ed è sintomatico, nel testo liturgico, l’aver tradotto l’antico “ammaestrate” con “fate mie discepole”! Spesso ci accorgiamo che l’atteggiarsi a maestri e ad appaltatori di coscienze non fa necessariamente di noi dei discepoli che aiutano altri a divenire discepoli di Cristo.

Forse siamo abituati a pensare che uomo religioso sia chi pensa soprattutto all’aldilà. La festa odierna invece ci insegna che è la nostra vita terrena lo spazio in cui si consuma in pieno il nostro impegno con Dio, il tempo adatto ad assumerci, nel mondo e di fronte al mondo, le nostre responsabilità. L’Ascensione è la festa che ci insegna a rifiutare le alienazioni di una religione “paravento”, restituendo ciascuno di noi alla propria responsabilità nei confronti della storia.

» Ascensione del Signore, 28 maggio 2017