Oggi la liturgia della Parola ci invita a riflettere sul tema della misericordia, in armonia con il Giubileo straordinario che stiamo vivendo.

Nel Vangelo, Gesù risponde con una parabola alle mormorazioni di Scribi e Farisei che contestano il suo modo di comportarsi nei confronti dei peccatori. Egli infatti siede a mensa e dialoga con loro, senza timore di “incontrare” le loro storie compromesse. Comportarsi in questo modo non solo è disdicevole e fuori luogo, ma è addirittura fonte di “impurità”. Nella concezione religiosa del tempo, infatti, i peccatori sono “gente perduta”, la cui semplice vicinanza rende gli altri – “i giusti” – impuri ed indegni di frequentare il tempio. Ma Gesù vuole mostrare che Dio non la pensa affatto così, comportandosi con chi è “perduto” proprio come egli sta facendo con i peccatori.

La parabola racconta la storia di due figli (fratelli) che, per aspetti diversi, non sanno riconoscere l’amore del loro padre, finendo per prendere le distanze da lui. Eppure questo non cambia l’orientamento del suo cuore paterno che, radicato nell’amore e nel perdono, mira solo al recupero dei figli “perduti”.

Anzitutto del figlio minore che, in cerca della sua autonomia, sceglie la via peggiore, andandosene da casa e allontanandosi dall’amore del padre. Egli “parte per un paese lontano” dove però, invece dell’autonomia, trova schiavitù e umiliazione, costretto a “contendere le ghiande ai porci”. Un’esperienza fallimentare, a cui fa da contrappunto la figura forte e tenera del padre, che mosso dall’amore e dalla misericordia, non smette mai di attendere il suo ritorno a casa. E in quel momento, compassione, tenerezza e misericordia si trasformano in festa per il figlio “perduto” e ritrovato. Una scena che deve infonderci fiducia e speranza quando ci assale il dubbio che il buon Dio possa aver perso la pazienza per i nostri peccati ed aver preso definitivamente le distanze da noi.

E poi c’è figlio maggiore. Fisicamente non si è mai allontanato da casa, ma vive lì quasi come un estraneo, senza riuscire a cogliere la grandezza del cuore del padre! Nella sua ristrettezza d’animo, anzi, contesta che egli si preoccupi per il figlio dissoluto, e ancor più che festeggi il suo ritorno a casa, tanto da rifiutarsi di partecipare alla gioia familiare.

Quante volte anche noi, alla ricerca della nostra “autonomia”, finiamo per tagliare i ponti col Signore, con la sua Parola, con la preghiera. Ma poi ci ritroviamo “lontano”, da soli! E quante volte ci sentiamo migliori degli altri, desiderosi di prendere le distanze dai “peccatori”, magari accusando Dio di essere “uno di manica troppo larga” con chi ha sbagliato. Ecco allora per noi l’instancabile invito di Dio Padre: conversione e misericordia, per poter fare esperienza del suo amore che attende e salva.

 

» IV domenica di Quaresima, 6 marzo 2016