La liturgia della Parola di questa domenica ci introduce nell’esperienza della preghiera. Cosa è la preghiera? Come pregare? I discepoli di Gesù – come ogni buon ebreo – sanno già pregare, recitando le preghiere della tradizione. La loro domanda – “Signore, insegnaci a pregare” – va quindi molto al di là del problema delle formule da utilizzare nella preghiera. I discepoli, in realtà, chiedono di poter vivere anche loro la stessa “qualità” del rapporto che Gesù vive con il Padre, chiedono di essere aiutati a superare il loro modo di pregare, che essi percepiscono come sterile e del tutto diverso da quello di Gesù.
La risposta a questa legittima esigenza dei discepoli – che dev’essere anche la nostra –  è iniziata già domenica scorsa, attraverso ciò che è accaduto nella casa di Betania. Quella pagina del Vangelo, infatti, ci ha insegnato che l’attività di Marta si giustifica solo se è conseguenza della contemplazione di Maria; e che il credente è chiamato ad avere le mani di Marta e il cuore di Maria. Pregare, dunque,  è ospitare il Signore e le sue logiche nella nostra vita e, a sua volta, lasciarci ospitare dal Signore e dalle sue logiche.
Oggi, invece, ci vengono presentate due concrete esperienze di preghiera. La prima è quella di Abramo, autentico uomo di preghiera, che vive il suo rapporto di confidenza filiale col Padre.
Egli, infatti, a un Dio che vuole “scendere a vedere” se Sodoma e Gomorra hanno proprio fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a lui, presenta l’altra faccia della città, una faccia sconosciuta, quella di chi non si è lasciato trascinare dal male. Che figura straordinaria quella di Abramo, uomo di preghiera! La città è salva perché ci sono dei giusti, anche se pochi. Ma soprattutto perché c’è Abramo, uomo di preghiera, che non assume il ruolo di accusatore implacabile, non parla “contro”, ma intercede “a favore”. Egli non denuncia i misfatti, ma annuncia la possibilità di qualcosa di nuovo. Abramo, uomo di preghiera, è un instancabile “cercatore” di segni di speranza da presentare al Signore perché li valorizzi.
Il Vangelo ci parla della preghiera di Gesù, che scandisce i momenti più importanti della sua vita. Alla domanda dei discepoli – “Signore, insegnaci a pregare” – Gesù non dà una definizione astratta della preghiera, né insegna un metodo infallibile per pregare ed “ottenere”, quasi una tecnica efficace per strappare favori ad un Dio sordo! Egli invece invita i suoi a fare esperienza di preghiera, mettendoli direttamente in comunicazione col Padre, suscitando in essi una profonda nostalgia per una relazione profonda e personale con Lui. Sta qui la novità della preghiera cristiana! Essa è dialogo tra persone che si amano, un dialogo basato sulla fiducia, sostenuto dall’ascolto e aperto all’impegno solidale.

» XVII Domenica Tempo Ordinario, 28 luglio 2019