La prima considerazione, che mi è venuta spontanea mentre riflettevo sull’immagine della vite e dei tralci propostaci dal Vangelo, è quella di migranti che attraversano il deserto e il mare pregando: invocano il nome di Gesù con la convinzione di quanti il crocifisso non l’hanno appeso solo al collo, ma sulle scelte di vita. Ascoltando la testimonianza di quanti riescono a raggiungere le nostre coste, si rimane colpiti dalla fede, a causa della quale molti di loro sono perseguitati dalla nuova ondata di fondamentalismo omicida. Questi martiri del nostro tempo esprimono unità completa a Gesù: non si considerano soltanto persone che vivono accanto a Lui, non si sentono semplicemente molto legati a Lui, ma sanno di essere in Lui, sono una parte di Lui; e le loro esistenze raccontano come Egli sia davvero in loro, in un rapporto strettissimo, quasi in un’identificazione. La vite, del resto, non è cosa «altra» rispetto ai tralci, ma forma con loro un tutt’uno; e i tralci sono fecondi unicamente in quanto uniti alla vite. …

V Domenica di Pasqua, 3 maggio 2015