Alla luce del racconto che Luca fa della Pentecoste, forse la prima preghiera che dovremmo rivolgere allo Spirito Santo è quella di irrompere nella nostra storia, sintonizzandoci con i miracoli che Egli da sempre compie in chi gli apre il cuore. Gli stessi miracoli di cui parlano le letture odierne.
Anzitutto, quello di attualizzare l’evento storico di Gesù, rendendolo disponibile e significativo per ognuno di noi. Lo Spirito, infatti, mantiene “aperta” la storia di Gesù, facendoci sperimentare l’importanza e la forza che le sue parole e i suoi gesti rivestono ancora oggi per noi, quale che sia la condizione di vita in cui ci troviamo. “Lo Spirito…vi insegnerà ogni cosa…egli vi guiderà alla verità tutta intera”.
L’insegnamento dello Spirito, rivolto a quanti gli aprono il cuore, non è però un insegnamento ripetitivo, non è semplice ricordo. Né può essere confuso con un progressivo accumulo di conoscenze. Piuttosto, è un progressivo viaggio verso Gesù, un itinerario che porta da una conoscenza di Lui per sentito dire, ad una comprensione personale, attuale e trasformante.
Il secondo miracolo che lo Spirito compie, e che domandiamo anche per noi, è quello trasformarci in testimoni credibili, mettendoci in condizione di non abbandonare il campo quando ci assale il dubbio, lo scandalo, lo scoraggiamento. Quando la prima comunità si è lasciata raggiungere dal vento impetuoso e fecondo dello Spirito, allora è nata la Chiesa, la Chiesa della Pentecoste. Quella Chiesa che è nostra Madre e della quale non dobbiamo deturpare il volto.
Ma qual è il volto della Chiesa che nasce a Pentecoste? È il volto di una Chiesa che si fa stupire dalle continue iniziative di Dio; una Chiesa che sa parlare e farsi capire dall’uomo contemporaneo; una Chiesa che suscita interesse fra la gente, che fa problema perché non ha “risposte pre-confezionate” per ogni problema; che non ha la pretesa di giustificarsi, di difendersi o peggio, di esaltarsi o esibirsi; una Chiesa incontrollabile, perché liberata e liberatrice, perché non vuole rassegnarsi ad essere “innocuo” elemento decorativo nella società contemporanea.
Ma prima di tutto questo, chiediamo allo Spirito Santo di aiutarci ad uscire, come ha fatto con la prima comunità cristiana, dalla “stanza chiusa” di cui parlano gli Atti. Una “stanza chiusa”, simbolo di protezione e di sicurezza; ma ancor più simbolo di paura, di rinuncia, di rassegnata disillusione. Animati dallo Spirito di Dio, dunque, usciamo anche noi dalla “stanza chiusa”, per essere – come ci ricorda Papa Francesco – “Chiesa in uscita”, che sente forte l’esigenza di spalancare le proprie porte e venire incontro nel nome di Gesù alla richiesta di senso, ai bisogni essenziali, agli interrogativi più forti che attraversano la storia degli uomini e delle donne di oggi.