I buoni propositi non restino tali
Ci è nuovamente offerta la possibilità – la grazia – di iniziare un tempo di preparazione alla Pasqua. Vi entriamo con il brano evangelico delle tentazioni dove Gesù, sospinto dallo Spirito Santo nel deserto, si confronta con la seduzione di una strada diversa da quella del servizio e del dono di sé. La vittoria sull’avversario lo rivela come l’uomo nuovo, riconciliato con il creato (“Stava con le bestie selvatiche”) e in armonia con Dio (per cui “gli angeli lo servivano”).
Nella Scrittura il deserto è ricco di simbologia. Da una parte dice luogo di fame, fatica e smarrimento; dall’altra, è quello in cui l’uomo, toccato dalla provvisorietà, si rende più disponibile all’incontro con Dio. Richiama i quarant’anni del popolo d’Israele in cammino verso la terra promessa; rappresenta la nostra stessa esistenza, attraversata dalla fatica ma anche dalla provvidenza di Dio.
Analogamente, l’esperienza della tentazione appartiene a ciascuno di noi e ci pone davanti alla necessità di scegliere. In quanto tale non è né buona né cattiva: uno degli esiti peggiori è piuttosto l’atteggiamento di chi rinuncia a prendere in mano le cose e lascia semplicemente che vadano per la loro strada. Non a caso nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno Papa Francesco ci mette in guardia da una precisa tentazione: l’indifferenza, che è chiusura verso il nostro prossimo e verso Dio.
“Quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi – scrive – certamente ci dimentichiamo degli altri, non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono”.
Del resto – e anche il Papa lo riconosce – viviamo in un contesto saturo di notizie e di immagini sconvolgenti: da televisioni, giornali, Internet la sofferenza umana, con il suo carico di dolore, entra nelle nostre case e spesso produce l’effetto di farci avvertire soltanto la nostra impotenza e la nostra incapacità. Per non ridurci a una reazione di difesa e di rigetto, il Messaggio ci chiede di fare quanto sta in noi, nelle nostre possibilità: la preghiera (quante volte ne sottovalutiamo la forza!), i gesti di carità e di condivisione (“quanto abbiamo ricevuto, lo abbiamo ricevuto anche per i fratelli”) e, infine, l’accoglienza del richiamo alla conversione. Proprio le situazioni di travaglio in cui si dibatte gran parte dell’umanità possono, infatti, diventare appello a riconoscere la fragilità della propria vita e, insieme, a rinsaldare quei legami solidali e fraterni che ci uniscono gli uni agli altri.
Vissuta così la Quaresima non si risolverà in un insieme di buoni propositi destinati a restare tali, ma sarà percorso di formazione del cuore. L’attesa è anche tempo dell’incertezza; la sua fine – “il tempo è compiuto” (Mc 1, 15) – ci pone davanti alla scelta: educhiamoci a stare con la vita dalla parte del Vangelo.

Lo stesso Spirito che ha condotto Te nel deserto,
accompagna, Signore, la mia vita di ogni giorno.
È una vita che mi chiede continuamente di scegliere,
proprio com’è capitato a Te, Gesù!
Per questo ti sento così vicino, oggi!
Sostienimi, Signore, di fronte alle nuove e più subdole tentazioni:
* la disperazione che spezza la vita!
* la disperazione che spezza la vita!
* le illusioni che lasciano solo l’amaro in bocca!
* il vuoto e l’effimero che producono solo non senso!
* l’odio che brucia la coscienza!
* l’amarezza che fa recriminare su tutto!
* la paura che rende esitanti e inerti!
* lo scoraggiamento che prostra e abbatte!
La luce della tua Parola accompagni,
Signore, le mie scelte!

omelia_22_02_2015