La festa della Santa Famiglia è stata istituita un secolo fa da Papa Leone XIII, per rispondere a un’esigenza storica molto precisa: offrire alle famiglie cristiane un modello in grado di arginare gli attacchi alla famiglia, portati dal laicismo tipico della seconda metà dell’Ottocento. Beh, non è che oggi le condizioni della famiglia siano migliori!
C’è però un fatto nuovo nella proposta della Chiesa: con un occhio più attento alla Sacra Scrittura, la famiglia di Nazareth non viene presentata con tonalità sdolcinate e vagamente romantiche. Al contrario, nella narrazione dell’Evangelista Matteo, ci viene presentata una famiglia normale, fortemente provata, come lo sono tante nostre famiglie. In mezzo alle prove, però, la Santa Famiglia non smette di lasciarsi guidare dal Signore. Ecco il fatto nuovo!
Guardiamola allora più da vicino questa famiglia. La sua vicenda è collocata storicamente in un clima di prepotenza politica: Erode domina la scena e condiziona anche la vita della famiglia di Nazareth, costretta a sperimentare anche l’esilio. Una famiglia concreta, quindi, con una storia faticosa, gravata dalla mancanza di una casa, circondata da presunzione e disinteresse, costretta all’esilio.
In questa fatica di vivere, però, la famiglia di Nazareth non perde la sua disponibilità nei confronti di Dio e dei suoi piani. I suoi stessi spostamenti – quelli decisivi – avvengono sempre in seguito all’atteggiamento di ascolto di Giuseppe. Più volte, infatti, si legge: “Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse…”. E ancora: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, resta là…”. E a Giuseppe, sorpreso che gli venga chiesto di collaborare con il progetto di Dio, l’angelo dice: “Non temere”. Un invito che in realtà è all’origine della storia della famiglia di Nazareth, come lo fu per un’altra famiglia, quella di Abramo e di Sara. Anche all’anziano patriarca e a sua moglie Sara, infatti, il Signore aveva chiesto di andare oltre il modo di pensare comune, che li considerava una famiglia non benedetta da Dio, perché senza figli. Abramo, come faranno Maria e Giuseppe, non teme: si fida di Dio piuttosto che farsi irretire dalla mentalità comune. Mettersi nelle mani di Dio – per Abramo e per la Santa Famiglia – vuol dire dunque lasciare che sia Lui e la sua Parola a guidarne i progetti.
Come la famiglia di Nazareth, anche noi veniamo chiamati ad essere pellegrini dell’Eterno, con le radici ben piantate in Lui. Chiamati a custodire gelosamente la consapevolezza di essere nati da Lui e di essere chiamati a vivere costantemente orientati a Lui.
Se saremo animati da questa stessa consapevolezza, anche le nostre famiglie, nonostante tutto, rimarranno radicate nella terra dell’Amore e saranno protagoniste di un mondo nuovo.