In questa domenica le letture ci invitano a dare spessore alle scelte e alle azioni che compiamo in quanto credenti.

Dinanzi al padre (Vangelo) che invita i figli ad andare a lavorare nel suo campo, il primo esprime riluttanza, fino a rifiutare a parole l’invito. “Ma poi – osserva Gesù – si pentì e vi andò”. Il secondo figlio, invece, risponde all’invito del padre con pronta disponibilità, ma solo a parole. Il suo è un “Sì” proclamato prontamente e ad alta voce, che di fatto però si traduce in un “No”.

Con questa parabola, Gesù stigmatizza la sicurezza e l’arroganza dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo, convinti che la salvezza o la perdizione siano un fatto quasi “ereditario”. In altri termini, nella loro concezione, il solo appartenere ad una “buona famiglia” o ad una buona tradizione religiosa era considerato già garanzia di salvezza. Niente di più sbagliato! Già Ezechiele (I lettura) mostra tutta la falsità di una concezione simile, che toglie al singolo ogni responsabilità in prima persona. E Gesù conferma questa visione, affermando perentoriamente: “Le prostitute e pubblicani vi passano davanti nel regno di Dio”. Una frase polemica e apparentemente paradossale, con cui Matteo intende scuotere i suoi ascoltatori. Egli non vuol certo dire che, per salvarsi, occorra divenire prostitute o sfruttatori; piuttosto, vuol dirci che quanti si sentono “al sicuro”, compiaciuti dei propri meriti e privilegi, difficilmente accolgono l’invito a convertirsi e a rompere col peccato, magari perché convinti di non averne reale bisogno.

Pubblicani e prostitute, in quanto tali, non possono certo essere presi come modelli di vita esemplare, anzi le loro scelte sono un chiaro “No” all’invito del Padre. Ma alcuni di loro – parafrasando la prima lettura – “hanno riflettuto, si sono allontanati da tutte le colpe commesse: certamente vivranno e non moriranno”. Tutti abbiamo la possibilità di spenderci male e nel male, come accade anche ai pubblicani e alle prostitute. Ma il Signore non ci lascia marcire nel nostro peccato; Egli non smette di cercarci, invitandoci di continuo a raddrizzare la nostra vita ed aprirci al suo perdono.

Di fronte a quest’invito, però, alcuni pensano di non avere niente da cambiare, ritenendosi “giusti ed osservanti”. Altri, invece, a partire dalla consapevolezza dei propri errori, ritrovano il gusto della verità e la voglia di responsabile coerenza, fino ad aprirsi alla conversione. Gesù porta alle estreme conseguenze l’esigenza di autenticità nei suoi discepoli, fino a scandalizzare i suoi ascoltatori, con la paradossale preferenza per i pubblicani e le prostitute, che non potendo contare sul falso perbenismo e sulle facciate, hanno la possibilità di pentirsi davvero e di recuperare quell’autenticità che rende pienamente uomini.

» XXVI domenica del Tempo Ordinario, 1 ottobre 2017