Sembra proprio che la Chiesa non voglia farci allontanare lo sguardo da quel Gesù che domenica scorsa, nel Vangelo, “vedendo le folle, si commosse”. Anche oggi, infatti, Giovanni ci presenta un Gesù attento ai bisogni primari delle persone. È vero che questo brano, in seguito, verrà riletto in chiave eucaristica, ma l’episodio nasce da un fatto concreto: la gente ha fame e Gesù coinvolge i suoi discepoli perché questa fame venga saziata.
È ovvio che Gesù non si è limitato a fare questo, ma certamente ha fatto anche questo. E noi, come Chiesa, non possiamo far finta di niente. Solo chi ascolta le più elementari richieste della gente (chi si mette “accanto” alle situazioni) può essere a sua volta ascoltato quando parla di valori superiori. L’amore di Dio per l’umanità “affamata” non è venuto meno e i miracoli non sono finiti: Gesù continua anche oggi a sfamare, a far camminare, a far vedere… e lo fa attraverso di noi. A patto di trovarci disponibili ed operosi. Di fronte al grido di fame – di ogni sorta di “fame” – di tanti fratelli, non possiamo certo restare tranquilli alla finestra, pronti ad analizzare o criticare ciò che non va nel mondo, le tante ingiustizie o la mancanza di equità, senza però muovere un dito per tentare di cambiare queste realtà negative. Non è possibile “annunciare” il pane della vita eterna, senza impegnarsi davvero nei doveri della solidarietà umana. L’amore per i poveri, come quello dei nemici, è la migliore cartina al tornasole per testare la qualità della nostra carità, tanto a livello personale, quanto a livello comunitario.
Ma c’è un altro aspetto che il Vangelo di oggi ci rivela: l’atteggiamento di ascolto, che sempre la Parola di Dio esige, può essere vissuto in tutta la sua profondità ad una sola condizione: che sentiamo, come la folla del Vangelo, i “morsi della fame”. Riconoscersi “poveri ed affamati” davanti a Dio, dunque, è condizione essenziale per poter sperimentare i suoi benefici. Per prima cosa, allora, impariamo a prendere coscienza della nostra “fame”, una fame dai tanti volti, indigenza, disagio, attesa, incapacità di raggiungere un obiettivo, ecc…. Solo così sapremo “tendere le mani vuote” al Signore, invocando con sincerità di cuore ed umiltà il suo aiuto.
Un aiuto che, ci insegna il Vangelo, spesso giunge da Dio con modalità sorprendenti, del tutto inaspettate: in questo caso, l’iniziativa un po’ azzardata dell’apostolo Andrea, che quasi “provoca” Gesù ad intervenire, e i “mezzi” (un po’ di pane e qualche pesce) di un ragazzo, del tutto insufficienti, ma generosamente messi a disposizione di tutti. L’insegnamento è chiaro: non è la povertà dei nostri mezzi che ostacola la provvidenza di Dio, ma il nostro cuore indurito che non si apre ai bisogni dei fratelli. Il Signore ci sani da questa vera “povertà”.