Il brano del Vangelo di oggi mostra Gesù che, a prima vista, si scontra con i farisei per un banale problema di tasse. In realtà, le tasse non c’entrano nulla! Piuttosto, è in gioco una domanda ben più radicale: a chi apparteniamo? A chi fa riferimento la nostra vita? Alla famiglia, agli amici, alla società, alla scuola, al lavoro, alla politica, allo Stato? Tu appartieni a Dio, risponde Gesù! È lui che ti ha dato tutto quello che sei e che hai. Questo, più profondamente, emerge dal “faccia a faccia” tra Gesù e i suoi interlocutori che, evidentemente, seguono logiche molto diverse dalla sua.
La proposta di Gesù è condensata in un’espressione ricorrente anche fuori dai contesti religiosi: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Una risposta suscitata da una domanda che, in realtà, mirava a mettere in difficoltà Gesù di fronte all’autorità romana.
«È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?», un quesito non certo originale; esso circolava normalmente tra la gente del luogo, suscitando pareri differenti: gli erodiani erano favorevoli, i farisei (con motivazione religiosa: ogni autorità viene da Dio) pure, gli zeloti invece negavano la liceità del tributo («uno solo è il Signore»).
Per Gesù, però, il banale quesito poteva trasformarsi in una trappola: se avesse risposto «sì», si sarebbe mostrato un collaborazionista; se avesse risposto «no», un sovversivo. In entrambi i casi, sarebbe stato perseguibile o si sarebbe screditato con una parte della popolazione.
Ma Gesù non risponde direttamente all’interrogativo e coglie invece l’occasione per proporre un insegnamento basilare. La domanda a lui rivolta si potrebbe tradurre così: l’uomo è tenuto a dare la sua attenzione e a investire le sue energie in esigenze umane (il «tributo a Cesare») o deve invece orientare tutte le sue forze a Dio? La risposta di Gesù («Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio») anzitutto esclude sterili contrapposizioni, orientando verso un equilibrio su cui deve poggiare la nostra vita. Non servono separazioni ingiustificate e strumentali tra servizio a Dio e impegno sociale.
«Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?», chiede Gesù. Il riferimento all’iscrizione dice che è giusto sentirsi a pieno titolo – con diritti e doveri – cittadini dello Stato; ma è ugualmente importante rispettare un’altra iscrizione, presente in ogni uomo: l’immagine di Dio impressa nel nostro essere.
Un’immagine che domanda di essere tradotta in gesti e scelte concrete. Dunque, «…a Cesare ciò che è di Cesare», ma aggiungendo «…e a Dio quel che è di Dio» Gesù ci invita, con le scelte di ogni giorno, a restituire noi stessi al Creatore. E la via giusta per questa “restituzione” – sul modello di Gesù stesso – è quella di farci dono per gli altri.