“Per condividere la vita con la gente e donarci generosamente, abbiamo bisogno di riconoscere che ogni persona è degna della nostra dedizione. Non per il suo aspetto fisico, per le sue capacità, per il suo linguaggio, per la sua mentalità o per le soddisfazioni che ci può offrire, ma perché è opera di Dio, sua creatura. Egli l’ha creata a sua immagine, e riflette qualcosa della sua gloria. Ogni essere umano è oggetto dell’infinita tenerezza del Signore, ed Egli stesso abita nella sua vita”.
Questo passaggio, posto quasi a conclusione dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium (n. 274), mi si è affacciato spontaneamente alla memoria del cuore mentre meditavo le letture di questa seconda domenica d’Avvento, con cui Dio Padre continua a educare il suo popolo. In fondo, Papa Francesco ripropone con forza l’appello del profeta Isaia («Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio -. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta…»), come pure l’umile e coerente testimonianza di Giovanni Battista, che risuona nel Vangelo.

Così, se domenica scorsa abbiamo iniziato questo tempo di grazia con l’invito a vigilare, ecco che oggi ci vengono indicati i contenuti con cui riempire tale attesa.
Come il Battista, il credente è colui che, attraverso il suo farsi vicino al fratello, esercita il ministero della consolazione: «apre la strada» nel deserto, cioè indica tracce di speranza pure là dove sembra impossibile e non permette di arrendersi, soprattutto davanti alle situazioni negative. Ancora: come il Battista, anche il cristiano non si mimetizza né si lascia assoggettare dalla mentalità del mondo, perché sa che il centro della sua vita è Gesù e che luce per i suoi passi e per le sue decisioni rimane soltanto la Parola di Dio. Infine, poiché questo cammino non è mai compiuto, come il Battista il credente è chiamato a orientare sempre daccapo la sua vita e quella di coloro che stanno con lui, a partire dalla consapevolezza che lasciandosi raggiungere dal Vangelo si può ricominciare a vivere, a progettare, a impegnarsi. Una vita diversa non nasce infatti dal fermarsi a constatare ciò che non va, dai problemi e dal pessimismo che toglie fiato all’andare, ma da quella buona notizia che è Gesù stesso.

Il Natale che ci prepariamo a celebrare vuol essere l’incontro con Colui che attraversa con noi il deserto della vita. Impariamo a non lamentarci della fatica del cammino né a scoraggiarci o a intristirci; amiamo, piuttosto, il tempo di cui disponiamo, valorizziamolo con cura – come ci ricorda l’apostolo Pietro nella seconda lettura –: ogni nostra giornata diventa allora tempo favorevole per riconoscere i vuoti da colmare, per spianare i colli dell’orgoglio e far spazio veramente a Colui che viene, l’unico Sposo del popolo di Dio.

II Domenica di Avvento – 10 dicembre 2017