In queste ultime domeniche dell’anno liturgico la Parola di Dio, invitandoci a fermare la nostra attenzione sulle verità ultime (i Novissimi) dell’esistenza umana, ci ripropone il nostro essere destinati alla vita eterna, come orizzonte di pienezza definitiva della nostra storia. Ed è questa vita che noi siamo chiamati a preparare attraverso scelte evangeliche. E’ questa verità che proclamiamo nella parte finale del Credo: “Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”.

Questa prospettiva nuova e definitiva – come ci ricorda anche la Prima lettura – esige scelte straordinariamente impegnative, come quelle fatte dalla famiglia dei Maccabei. La loro fede nella resurrezione dei morti e nella vita del mondo che verrà – per altro proclamata in una situazione di estrema drammaticità – suggerisce loro gesti e parole pieni di coraggio. Nel bel mezzo di un evento drammatico, la certezza di una vita oltre la morte porta la madre e i suoi sette figli ad accettare pene atroci e la stessa morte, pur di non rinnegare questo dono: “E’ preferibile – dicono con fermezza – morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati…”. La fedeltà che contraddistingue i sette fratelli (e la loro madre) è una fedeltà costosa, non fatta di inchini ed adulazioni, ma contraddistinta da coerenza e limpidezza, senza ambiguità; è una fedeltà libera, non protesa a racimolare vantaggi e profitti per sé.

Cosa, dunque, infonde ai sette giovani, sostenuti dalla madre, tanto coraggio e risolutezza? Essi credono, come anche noi proclamiamo, che la vita donata loro da Dio non finisce con la morte. La vita che viviamo su questa Terra, nella famiglia, con gli amici, è solo una parte di un’esperienza ben più ampia e più ricca. Credervi fino in fondo vuol dire dare alla propria esistenza e ai propri giorni un respiro più ampio e compiuto.

Il brano del Vangelo, per aiutarci a cogliere il senso della fede nella resurrezione dei morti e metterla al riparo da fughe fantasiose e dalla pura curiosità, parte dall’atteggiamento dei Sadducei, i quali negano la resurrezione dei morti. Proprio a partire da questo, essi cercano di mettere in difficoltà Gesù, con un quesito paradossale, “confezionato su misura” per ridicolizzare la verità della resurrezione. Ma Gesù riporta al centro la verità della vita eterna, offrendone una chiave di lettura differente e ricordando che “Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”.

Quello di oggi, dunque, non è un invito a distogliere la nostra attenzione e il nostro impegno dal presente, in attesa della vita che verrà. Piuttosto, è un invito a caricare il nostro presente di senso nuovo e definitivo, anticipando già adesso, nel percorso terreno, la mentalità e la prospettiva dei risorti.

» XXXII Domenica del Tempo Ordinario, 6 novembre 2016