Potremmo sintetizzare il messaggio della Liturgia della Parola di questa domenica così: “Chiamati ad avere lo stesso sguardo di Gesù”. Ce lo suggeriscono due espressioni del Vangelo: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo solitario e riposatevi un po’” e “Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro …”. Lo sguardo di Gesù è fisso sulla stanchezza dei suoi discepoli e sullo smarrimento della folla.

Queste due brevi ma intense annotazioni di Marco suggeriscono una prima considerazione: Gesù, pur avendo a cuore la folla, che sempre più numerosa si raccoglie intorno a Lui per ascoltare la sua parola, non allontana lo sguardo dagli apostoli. Al Signore sta a cuore la “vita buona” dei suoi discepoli, messa a dura prova dalla loro missione. Dopo essere stati mandati “a due a due” per testimoniare tra la gente l’amore tenero di Dio verso tutti, gli apostoli tornano carichi di esperienze vissute, di persone incontrate, di ferite sanate. Sulla loro vita, affaticata dalla missione e certamente segnata anche dal rifiuto e dalla sconfitta, si ferma lo sguardo di Gesù, uno sguardo tenero ed attento per chi “non aveva neanche il tempo di mangiare”.

Due elementi spiccano in questo primo passaggio. Il primo: la delicatezza e lo sguardo premuroso di Gesù nei confronti dei suoi, un modo per dire che apprezza il loro impegno e per dire loro “grazie” per aver accettato di condividere la sua missione. Il secondo: i discepoli non si risparmiano nella loro missione, tanto che “non avevano neanche il tempo di mangiare”. La passione per la missione che il Signore ci affida deve portarci ad indossare orologi senza lancette! E, se è necessario, a non avere più neanche il tempo di mangiare. Sarà Lui, poi, a prendersi cura di noi: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo solitario e riposatevi un po’”.

“In un luogo solitario”, là dove Dio parla al cuore (cfr. Osea 2). Là il Signore chiama i suoi accanto a sé per concedere loro l’essenziale: se stesso. “Stare con Lui”, infatti, è il primo impegno di ogni inviato. Solo dopo aver accolto la sua persona, prima ancora che il suo messaggio, solo dopo aver acquisito i suoi occhi e la sensibilità del suo cuore, il discepolo – consacrato o laico – annuncerà e testimonierà il Vangelo in modo credibile. E, come Lui, non con la livrea o il vestito buono, ma indossando il “grembiule del servizio”, l’unico necessario per portare luce e speranza nel mondo attuale che, come Israele allora, è pieno di drammi, di vedove di Naim che piangono l’unico figlio morto, di lebbrosi che gridano al cielo la loro disperazione, di adultere colte in flagrante e di pietre pronte alla lapidazione. Ognuna di queste ferite attende di essere lenita dallo “sguardo compassionevole” di Gesù: a ciascuno di noi il compito di incarnarlo.

» XVI Domenica del Tempo Ordinario, 22 luglio 2018