Celebriamo oggi l’Ascensione del Signore. Sia la prima lettura che il Vangelo narrano questo evento, da non interpretare come il lieto fine di una storia che s’era messa male, ma come momento essenziale e decisivo per la prima comunità: l’inizio di un tempo nuovo, in cui il gruppo dei discepoli è chiamato a camminare, senza nostalgie e senza fughe sconsiderate in avanti, scoprendo giorno per giorno gli spazi concreti in cui riconoscere e testimoniare il Signore Risorto. Più che descrivere il modo in cui Gesù è tornato al Padre, infatti, l’evangelista Luca vuole comunicarci cosa l’Ascensione abbia rappresentato per la prima comunità cristiana.
Guardando più in dettaglio il racconto di Luca, vediamo che il ritorno di Gesù al Padre è accompagnato da tre elementi: un gesto, un dono e un comando. Il gesto: “alzate le mani li benedisse”; il dono: “io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso”; il comando: “predicate la conversione e il perdono”.
Innanzitutto la benedizione, un gesto con il quale Gesù assicura alla Chiesa – di ieri come di oggi – il suo esserle accanto nel cammino quotidiano. Ma questo vale anche per il singolo credente. La benedizione del Signore mi assicura che Egli è con me, che guarda ed accompagna con benevolenza la mia storia ed i progetti che cerco di realizzare con l’aiuto dello Spirito Santo, cioè di “colui che il Padre mio ha promesso”.
Ma con la benedizione, Gesù trasmette ai suoi discepoli anche una missione, quella che Egli stesso un giorno ricevette dal Padre e che ora affida ai suoi: “predicate la conversione e il perdono”. Dal momento dell’Ascensione, dunque, la vita della Chiesa e quella di ogni credente hanno un percorso segnato da questo compito. Da quel momento, nasce una comunità che si scopre partecipe della missione di Gesù, accogliendo il suo invito a non starsene “a guardare il cielo” (prima lettura), ma ad andare nel mondo a predicare il Vangelo, libera dalle nostalgie del passato e animata dallo Spirito del Risorto.
Nella misura in cui gli Apostoli accolgono questo invito alla responsabilità concreta ed immediata, inaugurano il tempo della Chiesa, che non è tempo di nostalgie infruttuose, ma tempo di concreta speranza, anzi tempo dell’impegno per “dare speranza” a questo mondo, mediante l’esperienza – fatta e condivisa ‐ della conversione e del perdono.
Ma non deve sfuggirci un particolare nella descrizione di Luca: i discepoli, invece di darsi subito da fare, vanno insieme a pregare nel tempio di Gerusalemme. Da lì prende avvio concreto la loro missione, dalla forza dalla preghiera che li sostiene nell’andare tra la gente a testimoniare Cristo Risorto, riconoscendolo e servendolo nei più bisognosi.
Tocca a noi, quindi, che oggi celebriamo questa Solennità, renderla presente ed efficace nel nostro tempo.