«Ascolta, Israele».
Questo invito è presente più volte nella liturgia della Parola di oggi e ci offre la possibilità di riflettere su uno dei fondamenti della nostra esperienza religiosa. Un fondamento sul quale poggia anche l’esperienza religiosa di Israele.
Il popolo di Israele è innanzitutto «popolo dell’ascolto» e l’ascolto è il punto di partenza della sua esperienza religiosa. E sì! Perché mettendosi in ascolto, il popolo di Israele non fa altro che corrispondere a una richiesta tenera del Signore: «Ascolta, Israele». Una supplica più che un imperativo.
La storia del popolo ebraico, dei suoi patriarchi e profeti è prima di tutto storia di uomini e donne chiamati ad ascoltare più che a vedere, chiamati ad ascoltare prima ancora che a pregare: «è meglio ascoltare – si legge in 1Sam 15,22 – che il sacrificio».
L’invito all’ascolto chiesto a Israele è insieme invito a credere, a obbedire e ad agire. Perché quando la Parola è ascoltata, essa diventa una Parola da mettere in pratica e quindi “luce” per il cammino.
Ma, perché mettersi in ascolto? E perché seguire i “comandamenti” che, nel tempo dell’ascolto, il Signore ci mette nel cuore?
La risposta è chiara ed è presente nella seconda lettura di oggi: «Perché tu sia felice!». Al Signore sta a cuore la nostra felicità, a Lui interessa che ciascuno di noi si senta pienamente realizzato. E per questo ci indica la via: ascolto e pratica dei suoi insegnamenti.
Al cuore dei suoi insegnamenti c’è l’AMORE. L’amore di Dio, l’amore del prossimo e – non ci sfugga questo particolare – l’amore di noi stessi.
Pur se messi in sequenza, l’amore di Dio, l’amore del prossimo e l’amore di se stessi non possono essere separati: vissuti insieme sono la vera forza dell’uomo! Voler bene a se stessi in maniera corretta e desiderare la vera felicità e la vera realizzazione per se stessi passa attraverso l’amore di Dio e del prossimo.
Amare Dio è spendersi per LUI, per quello che LUI è e per quello che LUI fa. E lo sappiamo, il nostro Dio è donazione senza riserve, è perdono senza limiti, è relazione che promuove e fa crescere.
Amare Dio vuol dire investire ogni giorno le proprie energie perché i sogni di Dio – attraverso la donazione senza riserve, il perdono senza limiti e la relazione che promuove e fa crescere – diventino realtà, perché cioè “venga il suo Regno”.
«Ascolta, Israele»
A noi oggi non basta ricordare che l’ascolto è l’inizio dell’esperienza religiosa di Israele, e che l’ascolto deve essere anche il fondamento della nostra esperienza di credenti. È necessario che anche che le nostre comunità, con umile disponibilità alla Parola che converte, si domandino: Ci riconosciamo come comunità ossessionate dal fare e/o dal mettere in cantiere iniziative? Le stesse nostre opere di carità donde traggono origine? Forse dalla voglia di fare? Forse dal desiderio… “pio” ma inutile di farsi notare?
Un altro particolare, oltre l’invito «Ascolta, Israele», caratterizza il Vangelo di oggi! Marco non si preoccupa di determinare, specificare «chi è il prossimo». Perché?
Perché il prossimo è l’uomo che incontro, è qualsiasi persona che attraversa la storia delle mie giornate. Importante non è sapere chi egli sia, ma, come ci ricorda una delle Preghiere eucaristiche, «avere occhi per vedere …» (V/c). Quando non si hanno occhi educati dall’ascolto della Parola a “vedere”, troveremo sempre una motivazione giusta o giustificante per girare alla larga di chi ha bisogno.
Ed a proposito dei bisogni del prossimo, è facile – ansiosi di efficienza come siamo – che dimentichiamo un fatto: il prossimo ha bisogno di “condivisione”, non solo di un servizio. Con un’immagine figurata, possiamo dire che l’affamato non ha bisogno solo di un piatto di minestra, ma anche di un posto a tavola.
Le nostre comunità se non si pongono in ascolto della Parola corrono un grave rischio: quello di essere tutte proiettate verso le urgenze, verso le emergenze e verso i bisogni, e meno attente alla fraternità, alle persone e alla condivisione. Corrono il rischio di essere comunità che vivono di molte iniziative, ma di poche relazioni: comunità tutte servizio e poca compagnia!

» XXXI Domenica del Tempo Ordinario, 4 novembre 2018