In questa domenica, la liturgia della Parola – attraverso le figure di Geremia e di Pietro – ci propone due atteggiamenti opposti, due modi differenti di stare davanti al Signore e manifestargli la nostra disponibilità.
Chiamato ad essere profeta, Geremia (I lettura) lascia il suo villaggio e si trasferisce a Gerusalemme. Qui, a motivo di quello che aveva annunziato, viene schernito e perseguitato dalla gente. Il suo cammino, come quello di Gesù e come quello di ogni uomo giusto, si scontra con la persecuzione, con le difficoltà dell’ambiente e con le sue crisi interiori. Geremia, angosciato, lamenta addirittura di essere stato “sedotto” da Dio. Non sa se continuare a fare il profeta o scegliere invece una strada meno faticosa, ritirandosi a vita privata. Dalla sua interiorità, però, si sprigiona un “fuoco ardente incontenibile”, che elimina le sue resistenze e lo rilancia nel servizio profetico.
La storia di Geremia, dunque, è la storia di una fedeltà a Dio pagata a caro prezzo, che oggi serve a ciascuno di noi per verificare se il nostro modo di rispondere a Dio ed alla sua Parola è più vicino al modello di Geremia o se invece assomiglia di più al comportamento interessato di Sebnà (domenica scorsa) o a quello tenuto da Pietro (Vangelo).
Colpisce il fatto che, nello stesso cap.16 di Mt., è presente sia la professione di fede di Pietro sia la sua difficoltà a coglierne in profondità le autentiche esigenze. A Gesù che parla della sua passione come compimento del progetto del Padre, Pietro infatti si oppone: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai”. Quasi un invito a Gesù a “scegliere le mezze misure”, a mettere da parte la sofferenza. Ma la risposta di Gesù è chiara: “Tu mi si di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”. Ancora una volta, la storia di Pietro e del suo rapporto con Gesù ricalca la storia, a volte contraddittoria, del nostro rapporto con Dio. Le sue parole di “protesta”, più che paura e sconcerto, dicono la fatica, e talvolta addirittura il rifiuto, di entrare nella logica di Dio, una logica umanamente perdente.
La fatica ed il rifiuto di Pietro sono gli stessi che anche noi opponiamo al Signore, quando ci chiede di portare con Lui la croce, quella croce che assume tante forme e tanti nomi.
In fondo, uno dei drammi dell’uomo moderno è proprio quello di non avere più qualcosa – un ideale, un progetto – per cui investire in maniera totalizzante la propria vita. Ma questo è anche il dramma di molti cristiani per i quali Cristo e il Vangelo occupano spazi marginali e per niente totalizzanti. Senza paura, dunque, rinnoviamo il nostro SI al Signore, accogliendo con responsabile fiducia l’invito a seguirlo lungo la via che Egli stesso ci indica, giorno per giorno, l’unica che porta frutto per la vita eterna.