La celebrazione della Domenica delle Palme potrebbe in un certo senso anche apparire “contraddittoria”, almeno se ci si ferma ai sentimenti che può suscitare in noi. Da una parte, la festosa processione delle Palme; dall’altra, il solenne annunzio della Passione! Eppure, ad uno sguardo più approfondito, questa contraddizione si riduce fino a scomparire. Soprattutto se ricordiamo che la sofferenza di Gesù non è fine a se stessa, ma il modo più pieno con cui il Signore vuole comunicarci l’amore suo e del Padre verso di noi. Un amore da accogliere con gioia, da vivere in pienezza e testimoniare in maniera credibile.
Per questo, a partire da oggi e per tutta la Settimana Santa, la Chiesa ci invita a vivere (“fare memoria”) in più tappe il “racconto d’amore” di Dio Padre, con un solo obiettivo: cambiare il nostro cuore ed aprirlo alla salvezza in Gesù Cristo!
Il “racconto d’amore” di Dio, dunque, comincia con una festa: l’ingresso di Gesù a Gerusalemme per dare inizio all’atto decisivo di questo progetto di salvezza. Egli entra a Gerusalemme per coinvolgere altri in questo itinerario, per tradurre le parole d’amore annunciate in fatti concreti.
I diversi momenti e i numerosi personaggi che affollano il racconto di Luca (Lc 22,14-23.56) ci dicono, però, che alla proposta di amore del Signore si può rispondere in tanti modi, la si può anche rifiutare o magari rimanerne ai margini. C’è un solo modo per uscire dall’anonimato, per abbandonare la marginalità, per partecipare in pieno e con coerenza al pellegrinaggio della vita e al racconto di amore del Padre: alzare lo sguardo verso Colui che hanno trafitto! Lasciarci raggiungere dall’eccesso di amore che ha portato Gesù sulla Croce. E’ questa la strada messa a nostra disposizione per dare scacco matto alla presunzione, alla superficialità e al nostro peccato.
E siamo chiamati a fare questo percorso non da spettatori, ma da protagonisti. Ricordando che nella sofferenza di Gesù – per l’abbandono dei suoi, l’ingratitudine del popolo, la condanna dei capi del popolo – c’è la sofferenza di tutti gli uomini, qualunque sia il suo aspetto.
Cristo ha scelto di non evitare la sofferenza, di non scartare la Croce. Perciò, nel seguirlo – e in particolare durante questa Settimana – proviamo a non esaurire tutta la nostra attenzione sulle statue della passione, bensì a volgerla in maniera partecipata e concreta verso gli uomini e le donne della passione: in loro, infatti, si prolunga la presenza del Cristo che patisce e, al tempo stesso, la nostra occasione per rispondere alla sua chiamata d’amore. Rammentando che, come per il Cristo, anche per questi uomini e donne, la sofferenza non può essere fine a se stessa. Anche per loro deve potersi aprire la via della Resurrezione attraverso “angeli” (messaggeri) e testimoni credibili.