E’ il Natale del Signore. Di gente sparsa per il mondo che lo celebra – ciascuno con le proprie aspettative, con le proprie speranze e i propri propositi – ce n’è davvero tanta! Ma di uomini e donne che provano a trarre dal Natale delle conclusioni per la propria vita, per la propria famiglia, per la propria comunità, forse, ce n’è un po’ meno. Non sempre, infatti, siamo consapevoli di ciò che celebriamo nella fede.
Natale è il giorno in cui Dio “ha posto la sua dimora in mezzo a noi”, si è “fatto carne”, divenendo uno di noi. E chiunque – materialmente o spiritualmente – si reca a trovarlo a Betlemme, riceve dal Bambino Gesù un compito: far diventare la sua presenza in mezzo a noi una presenza “attiva”, tangibile, una presenza capace di incoraggiare, confortare, seminare speranza. Non si può, insomma, cantare il Natale, celebrarlo e accostarsi al Presepe senza che almeno qualcosa di quel Presepe si “attacchi” alla nostra vita e si reverberi in essa.
Se accettiamo il confronto con la Parola che ha preso dimora in mezzo a noi, la prima cosa che ci stupirà è che, con la nascita di Gesù, Dio Padre ha sorpreso tutta l’umanità, superando di gran lunga tutte le sue attese e i suoi calcoli. Certamente il popolo d’Israele attendeva il Messia. E lo attendeva con straordinaria intensità emotiva. Si può dire che nella vita del popolo ebreo, tutto era segnato da quest’attesa ed orientato a essa. Eppure – scrive Giovanni – il Messia “venne tra i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto”. Non è certo il caso di scandalizzarsi troppo, dunque, se a Betlemme, nessuno aprì la propria porta alla famiglia di Nazareth.
Allora, la scusa accampata fu la mancanza di posti disponibili. Ma oggi, a volte, anche noi mostriamo la stessa grettezza degli abitanti di Betlemme: se Dio non si adegua alle nostre aspettative… che resti fuori dalla nostra casa, fuori dalla nostra vita!
Ecco, celebrare il Natale significa fare pulizia nel nostro cuore e nella nostra mente, sintonizzarci con la logica di Dio, per quanto sorprendente essa sia. Quanta sorpresa, infatti, nello scoprire che, per incontrare Dio, dobbiamo cercarlo nella fragilità di un bambino, nella povertà di una famiglia perseguitata e senza rifugio, nella gioia semplice ma sincera di un gruppo di pastori che sa riconoscere la presenza di Dio.
In questo giorno di speranza e novità, dunque, diamo spazio alla voglia di avvicinarci al Bimbo di Betlemme, alla voglia di abbracciarlo, di circondarlo del nostro affetto.
Ma non fermiamoci alla statua del presepe! andiamo oltre, raggiungiamo piuttosto il Cristo vivente, incontrandolo in coloro che vivono ai margini e nella sofferenza, in chi è solo e attende una mano fraterna che lo sollevi.
Così questo Natale risplenderà di luce vera poiché diverrà speranza concreta per coloro che Dio ama.