Dopo averci invitato a seguire Gesù nel deserto e lì imparare da Lui a scegliere, mettendo al centro la Parola di Dio (prima domenica); dopo averci proposto la salita al monte Tabor, dove fissare il volto trasfigurato di Cristo ed essere a nostra volta trasfigurati e capaci di trasfigurare volti e storie privi di luce (seconda domenica), la terza tappa dell’itinerario quaresimale ci presenta un altro luogo: il tempio. A Gerusalemme il suo cortile esterno era stato trasformato in un luogo di bancarelle e di cambiavalute: un’invadenza del mercato a cui Gesù reagisce con forza. La radicalità della scena non deve però concentrare la nostra attenzione soltanto sul gesto della cacciata dei mercanti: a Gesù sta a cuore la restituzione del tempio alla sua dignità di luogo di preghiera, in cui si incontra il Padre e i fratelli. Egli va ancora oltre: pur sapendo quanto fosse importante per gli Ebrei il tempio – espressione della promessa di Dio di abitare con il suo popolo – non esita ad affermare che la giusta relazione con Dio, d’ora in poi, si instaura nel rapporto con Lui.

«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 20). Le autorità giudaiche fraintendono le parole di Gesù e pensano che minaccino la distruzione dell’edificio in pietra; non ne colgono il significato simbolico, che l’evangelista chiarisce: il nuovo tempio sarà il suo corpo resuscitato. In fondo, sono parole che preparano a quanto dirà alla Samaritana: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre» (Gv 4,21).

Di fronte alla tentazione di costruirci templi alternativi e altari posticci, Gesù ricorda con forza che solo in Lui c’è salvezza. Le sue parole sono fonte di consolazione: anche se gli uomini hanno il potere di distruggere, Gesù afferma che la potenza di Dio non può venir annullata dalla durezza del cuore dell’uomo. Anzi, l’azione propria di Dio è quella di far risorgere: laddove l’amore appare sconfitto, si rivela capace di vincere ogni morte; dove gli altri si fermano, Dio fa ripartire; dove eri caduto, Dio ti rialza e risveglia a vita nuova. Perché, come ricorda con insistenza Papa Francesco, «Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia» (Evangelii gaudium, 3).

“Quando fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù” (Gv. 2, 22): per comprendere la vita di Gesù – e, quindi, anche la nostra – occorre considerarne il mistero di morte e risurrezione. Con buona pace di chi chiede segni o cerca una sapienza puramente umana (seconda lettura), la croce di Cristo ci rivela un Dio che ama l’uomo fino a condividerne la debolezza e la stessa morte. Rinunciando, però, a farne l’ultima parola.

III domenica di Quaresima, 4 marzo 2018