Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
È fin troppo scontata la considerazione negativa e di condanna che circonda la parola bugia. Negativo è anche l’intero campo semantico che deriva dalla etimologia sia di questa parola sia del termine menzogna, spesso utilizzato come suo sinonimo per fatti gravi.
La parola bugia è comunemente posta in relazione con l’antico alto tedesco bösa, che rimanda all’idea di qualcosa di cattivo, corrotto, falso, ingannatore.
Il sinonimo menzogna, per via della sua derivazione etimologica (dal latino mens – mente), sottolinea un elemento che caratterizza il bugiardo: la sua mente è sempre coinvolta nel fingere e nell’alterare la verità.
Secondo sant’Agostino, all’origine della bugia c’è il cor duplex del bugiardo, che lo spinge a trasmettere, in maniera consapevole e deliberata, una conoscenza non vera di sé o della realtà. Per essere accettato o per mostrare un’immagine di sé più adeguata alle aspettative altrui.
Per questo, una bugia inconsapevole non esiste. È il livello di consapevolezza e l’intenzione del bugiardo a deciderne la qualità morale. Partendo dal presupposto di complessità della vita umana, non è difficile prevedere una tensione tra bugia e vita di relazione.
E se ci fosse spazio, nella vita, per una qualche forma di maschera? Uno spazio bisognoso di rispetto, sottratto allo sguardo dell’altro. Fattore che potrebbe rivelarsi addirittura essenziale nella costruzione e nella tutela dell’identità personale.
Certo, solo la misura con la quale si ricorre a questa forma di bugia evita che ne derivi un male relazionale. Stiamo parlando infatti di un atteggiamento interiore, consapevole e protettivo. Teso a preservare un senso di indipendenza, di autonomia e di libertà personale. Distante, comunque e sempre, dalla scelta di chi intende solo difendersi dal giudizio altrui o autopromuoversi.
Oltre alla bugia detta agli altri o a sé stessi, non si possono ignorare le altre forme che, nell’era social, trovano condizioni che ne rendono più facile la diffusione e l’efficacia. Tali sono le fake news, gli espliciti inganni e raggiri, le sempre più frequenti promesse mancate e i cosiddetti racconti “alternativi”. Tutti, in maniera e con strumenti diversi, offrono un’immagine volutamente alterata della realtà, con lo scopo di condizionare la reazione cognitiva, emotiva e comportamentale degli altri.
Non è esagerato affermare, in questo quadro, che la realtà virtuale non è che l’ultima grande bugia. Si può scegliere di starci dentro senza opporsi, oppure attivare gli anticorpi di cui certamente disponiamo. Ricordando quanto ha scritto Aristotele nella Metafisica: «Il falso e il vero non sono nelle cose […] ma nel pensiero».