Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
Niccolò Tommaseo, oltre a una pregevole biografia del suo amico Antonio Rosmini, ci ha lasciato (1869) il più importante dizionario della lingua italiana compilato durante il Risorgimento.
Alla voce propaganda si legge: «Impresa o azione cospirante di più persone per fondare o distruggere chicchessia, per piantare e spiantare, per affermare e negare». E aggiunge, perentorio: «Sarebbe da smettere».
Invito rimasto inascoltato.
Continua anzi a moltiplicarsi, non solo, l’uso e l’abuso della propaganda; ma crescono in maniera incontrollata le modalità con le quali si arriva a «fondare o distruggere chicchessia». Il più delle volte, compiacendosene. Quando sarebbe il caso di vergognarsene.
Eppure, prima di essere un sostantivo femminile col significato che gli riconosce Tommaseo, la parola propaganda è il gerundio del verbo latino propagāre, col significato letterale di «qualcosa che deve essere diffuso». Come agenda, «cose da fare»; locanda, «da affittare»; reprimenda, «da castigare».
Si conviene nel ricondurre l’apparire del termine propaganda al 1622. Alla bolla Inscrutabili divinae Providentiae, con la quale papa Gregorio XV istituisce la Sacra Congregatio de propaganda fide. Una sorta di Ministero, col compito di diffondere la religione cattolica tra gli infedeli e gli eretici nei paesi non cattolici.
L’arte però di diffondere idee e informazioni per influenzare la pubblica opinione e per indirizzare i comportamenti verso obiettivi specifici non nasce con la parola propaganda. Una comunicazione accompagnata da grande forza persuasiva è già presente nell’antichissima arte di formulare discorsi convincenti: la retorica.
Aristotele, secondo Cicerone (nel Bruto), le assegna il 465 avanti Cristo come data di nascita. È il momento in cui, in Sicilia, viene abbattuta la tirannide del sanguinario Trasibulo. Il retore Corace e il suo allievo Tisia, per far valere i diritti dei cittadini davanti ai tribunali nella restituzione di propri beni, scrivono il primo manuale sull’arte del parlare in modo convincente.
Il passaggio da una propaganda, somigliante all’antica retorica, a una propaganda «che fonda o distrugge chicchessia» (Tommaseo) non si è fatto attendere troppo. Fino a un impatto ideologico e seduttivo. Al cui interno non c’è una verità da comunicare, ma un nemico da abbattere e delle posizioni (o dei consensi/voti) da conquistare. Svalutando e calunniando; disinformando, manipolando e mentendo.
È la propaganda a cui, abbandonato lo scrupolo della decenza, ricorrono gli imprenditori della paura. Solo uno spirito critico e informato può farle da argine.