Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
C’è poco spazio per la discrezione nella quotidianità, messa in mostra ed enfatizzata nell’era social. Sottrarsi alla volgarità dell’ostentazione appare spesso inconsueto, provocatorio o addirittura rivoluzionario.
L’atteggiamento discreto di una persona, più che essere apprezzato, è ritenuto la scelta di chi, avvertendosi marginale, veste l’abito del penitente. Uno sconfitto che, nell’era della sovraesposizione, non ce l’ha fatta a entrare a far parte della nuova élite. Quella esperta nel celebrare la istantaneità della propria vita, in attesa spasmodica di incassare like e segni più o meno espliciti di approvazione.
A ben vedere, però, la parola discrezione ha tutt’altro significato. Essa, infatti, fa i conti con una radice lessicale impegnativa, che esclude qualsiasi concezione negativa. Stiamo parlando di discretio – corrispondente al greco diàkrisis – che può essere tradotta con discrezione e con discernimento.
Sia la radice lessicale latina sia quella greca rimandano all’oculatezza nel giudizio, a un’attenta vigilanza e al saper distinguere senza invadenza. Operazioni possibili solo se poggiano su una rete di virtù, quali la prudenza, la misura, il rispetto, la sensibilità, il pudore e la riservatezza. Sicché, dal vocabolario e dai comportamenti della persona discreta, è del tutto assente, ad esempio, ogni atteggiamento che preveda l’umiliazione dell’altro, letteralmente, lo “sbattere l’altro faccia a terra”.
La discrezione infatti crea le condizioni non solo per coltivare l’equilibrio personale, ma anche per preservare e far crescere, relazioni significative e feconde.
Ne era convinto San Benedetto, quando nella sua Regola (64,19) descrive l’atteggiamento col quale l’abate deve guidare la comunità: «[…] prendendo dunque questi e altri esempi di discrezione, madre delle virtù, tutto disponga con misura (omnia temperet)».
La discrezione, «madre delle virtù», porta a fare tutto con misura. Il Padre del monachesimo occidentale ricorre al verbo latino temperare, che è l’arte del tenere insieme realtà diverse, dosandone e mescolandone tonalità ed esigenze. Proprio come fa chi vuole raggiungere buoni risultati nella cucina, o come fa chi, per produrre buona musica, mette sapientemente insieme strumenti diversi. Memori dell’antico proverbio per il quale ἀκρóθης ισόθεος (akróthes isótheos): gli eccessi sono tutti dannosi.
La discrezione, così interpretata e praticata, diventa una qualità fondamentale nelle relazioni. Soprattutto in quelle più intense. È un modo per tenere sapientemente insieme passione e rispetto verso gli aspetti sconosciuti dell’altro. Senza violarne gli spazi, i silenzi e le emozioni più intime.