Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
Nel linguaggio comune, il sostantivo apocalisse (o apocalissi) e l’aggettivo apocalittico non evocano niente di buono. I sinonimi più comuni? Cataclisma, catastrofe, disastro, distruzione e, in forma iperbolica, fine del mondo, rovina, sconvolgimento.
È vero! Nel libro biblico dell’Apocalisse si incontrano scenari oscuri e inquietanti, che stravolgono il normale ordine delle cose. Per il suo linguaggio enigmatico e per la fantasmagoria d’immagini e di simboli, continua comunque ad affascinare e sconcertare i lettori di tutti i tempi.
Eppure, in greco apocalisse – ἀποκάλυψις (apocalypsis) – vuol dire “rivelazione”. E quindi il libro dell’Apocalisse, nell’intenzione del suo autore, è una “rivelazione”. Nel bel mezzo di grandi difficoltà e persecuzioni, vuole spargere luce e infondere speranza.
Le innegabili e forti immagini che attraversano alcune pagine dell’Apocalisse vanno collocate storicamente. Come già il popolo di Israele, anche le comunità cristiane avvertono di essere troppo inadeguate rispetto alla forza che, di fatto, può esibire l’impero romano. Per sperare in un cambio di rotta, non resta che confidare in un rivolgimento cosmico. Affidarsi a uno shock che, come acceleratore di innovazione, possa capovolgere le sorti della lotta tra il bene e il male, e decretare la sconfitta della «Bestia dell’abisso».
Alla parola apocalisse, per pigrizia mentale, è stato tolto il respiro. Su di essa si è accumulata una serie di minacciosi luoghi comuni. Alimentati da opere d’arte e da film di successo. Come non ricordare, a questo proposito, le figure convulsamente contorte di El Greco in uno dei suoi capolavori: La visione dell’Apocalisse?
Per liberare questa parola da scorie mortali e l’omonimo libro biblico dallo stigma del racconto horror, basta leggere i due versetti (22, 18-19) che precedono l’intensa invocazione («Vieni, Signore Gesù!»), che chiude l’Apocalisse. In essi domina l’invito a non «aggiungere o togliere parole a questa profezia». Domina cioè l’invito a condurre la propria esistenza in pienezza e con coerenza. Solo così, si legge, è possibile godere «dell’albero della vita».
Apocalisse, allora, è annuncio di una speranza possibile che, in ogni momento della storia e in mezzo alla fatica e al dolore, si fa certezza. È invito a fare realisticamente i conti con le vicende, personali e comunitarie. A lasciarsi sostenere dalla convinzione che vale la pena vivere bene e fare del bene. Anche in presenza di manifestazioni di cinismo e di disumanità crescente, messe in atto da deliranti personaggi. Dalle loro parole, dalle loro decisioni e dalle loro aspirazioni.