Tradimento

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

Il fortunato saggio di Julien Benda (Il tradimento dei chierici, 1927) aiuta a liberare la parola tradimento dall’uso esclusivo che se ne fa, circoscrivendolo all’ambito delle relazioni affettive.
Il filosofo e scrittore francese chiama tradimento la scelta fatta dagli intellettuali, a cavallo tra Otto e Novecento. Questi, piuttosto che fedeli custodi della ragione, della verità e della giustizia, si sono prostituiti alla politica del momento. La parola tradimento – La trahison, in Benda – deriva dal latino tradĕre. Composto dalla particella trans (oltre, al di là) e il verbo dere (consegnare, dare). Come il termine tradizione. Con una evidente connessione tra i due termini, non solo di natura etimologica.
Entrambi appartenevano, in origine, all’ambito giuridico.
Tradizione era l’atto col quale, sulla base del diritto romano, veniva trasferito il possesso di una cosa mobile o immobile. Non farlo era considerato un tradimento, cioè un venir meno a un dovere giuridico di fedeltà e di lealtà.
Col tempo, i due termini sono stati utilizzati in altri ambiti. Così, tradimento è divenuto qualsiasi atto col quale si viene meno a un impegno assunto o comunque incombente sulla persona. A diversi livelli: emotivo, culturale, fisico, politico, psicologico.
In chi conserva un livello accettabile di sensibilità e di coerenza, il tradimento rappresenta un punto di intersezione complesso, nel quale si incontrano, e talvolta si scontrano, valori accolti, passioni proibite, lacerazioni interiori e dinamiche sociali. Spesso messe al centro di produzioni letterarie, artistiche e cinematografiche. Sempre comunque opportunità uniche di introspezione e di riflessione sulla propria vita e sulla sensatezza di percorsi intrapresi.
Il tradimento è una esperienza che si consuma sempre all’interno di relazioni. Ne viola la sacralità. Interviene in maniera decisa sulla dimensione emotiva e su quella della comunicazione. Arrivando a cambiare il significato di parole, di espressioni e degli stessi sguardi. Soprattutto in un mondo complesso come il nostro, che crea e propone connessioni non facili da vagliare.
Da sempre sui traditori grava la condanna morale. Proverbiali sono i tradimenti di Bruto, Cassio, Giuda (Mt 27, 3-10) e Pietro (Mt 26,69-75).
Giuda, consegnando Gesù, rifiuta in fondo la sua amicizia, dissacrando un gesto di affetto, il bacio. «Era notte», annota l’evangelista Giovanni (13,30). La vera notte è quella entrata nel cuore di Giuda. Notte così fitta da non fargli vedere il volto di una persona che lo ama.
Il tradimento di Giuda finisce col suicidio; quello di Pietro, che nega di essere discepolo di Gesù, trova purificazione nelle lacrime.

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